Filippo Juvarra: da Messina alla Basilica di Superga

La formazione di un architetto di corte

Filippo Juvarra nato a Messina e morto a Madrid, è senza dubbio il più grande architetto del Settecento 

L’incontestabile originalità e talento portarono Filippo Juvarra (1678-1736) a lavorare nelle corti europee giungendo fino a Madrid dove, con Giambattista Tiepolo (Giambattista Tiepolo. 1696-1770), condivise la sorte della dipartita in terra spagnola. Grandezza e fama contraddistinguono il pittore veneziano e l’architetto messinese, oggi riconosciuti tra i massimi artefici del Rococò.
Poche le opere di Juvarra sparse per l’Italia, alcune sono state distrutte, ma moltissime, sono oggi concentrate nel territorio di Torino dove operò, fin dal 1714, come architetto di corte per Vittorio Amedeo II (1666-1732) di Savoia. 
Nella città sabauda Juvarra si occupò di castelli, palazzi, ville reali e ben cinque chiese dove realizzò anche la decorazione interna di altari e argenterie. 

Particolarmente degna di nota, la reale Basilica di Superga è il suo capolavoro indiscusso 
Chi era Filippo Juvarra?

Figlio di Pietro ed Eleonora Tafurri, il giovane molto precoce si forma a Messina sotto la guida del padre argentiere, un uomo che valorizzò il talento del figlio impartendogli i primi rudimenti di oreficeria attraverso l'esercizio del disegno. Calici, ostensori e grandi candelieri di pregio, forgiati in oro e argento per le chiese siciliane, costituiscono la prima produzione di Juvarra avviato all’arte nella bottega del padre e a studi teologici fin dall'età di dodici anni.
Questa versatilità e amore per gli oggetti piccoli e raffinati, tipicamente Rococò, gli permetterà di spaziare in ambiti diversi, dall’arte orafa, alla scenografia fino a progetti di eleganti interni.  
Nel 1703, a Messina e da autodidatta, Juvarra realizza la prima opera architettonica, oggi scomparsa: il completamento del coro e dell'altare maggiore della Chiesa di San Gregorio. Nello stesso anno, fu ordinato sacerdote per cui decise di trasferirsi a Roma per perfezionare le conoscenze teoriche e pratiche dell'architettura. Sulla formazione romana e la futura carriera di architetto, inciderà profondamente la sua condizione di ecclesiastico.

A ventisei anni, nel 1704, Juvarra giunse nell'Urbe: le testimonianze d’archivio dell’epoca lo dicono “pittore architetto e cesellatore”

Privo di esperienza pratica, Juvarra si accosta all'architettura da appassionato, divora i trattati di Vitruvio, Andrea Pozzo e Jacopo Barozzi (Vignola), senza un tirocinio vero e proprio. 
Grazie a monsignor Tommaso Ruffo, eminente cardinale e maestro di camera di Clemente XI, il giovane viene introdotto nella prestigiosa bottega del ticinese Carlo Fontana (1638–1714) dove, all’epoca, si formavano alcuni tra i maggiori architetti del Settecento italiano ed europeo. La guida di un architetto di tale levatura, erede a Roma della grande tradizione barocca di Bernini interpretata con gusto classico, fu decisiva per Juvarra che frequentò l’atelier del ticinese per quasi dieci anni (Piazze e chiese del Settecento romano). 
Fontana riconobbe fin da subito nel discepolo l’esuberanza creativa del disegno; testimonianze dell'inventiva juvarriana di questi primi anni romani sono progetti per apparati di festa e alcune “fantasie” architettoniche a carattere antiquario dove, con sicura padronanza tecnica, anticipava la “veduta archeologica d’invenzione” di Giambattista Piranesi (Speciale. Giovanni Battista Piranesi 1720-1778).

Vicino a Fontana, Juvarra inizia a pensare su grande scala, elabora il mito giovanile di Michelangelo ed approda ad un metodo progettuale logico e rigoroso 

Il successo non si fa attendere: nel 1705 si afferma nell'affollata scena degli architetti romani conseguendo il primo premio del concorso clementino bandito dall'Accademia di San Luca. Il progetto per un “regio palazzo in villa” destinato allo svago, già riassumeva molti dei aspetti stilistici che caratterizzeranno le opere della maturità realizzate a Torino, fra questi, la particolare attenzione posta al rapporto tra architettura e paesaggio.
Dopo questo primo riconoscimento, Juvarra fa ritorno a Messina per la sepoltura del padre e nell’occasione, dà prova del bagaglio culturale acquisito a Roma in opere oggi scomparse. Di ritorno, fa tappa a Napoli e anche qui lascia progetti di facciate di chiese, cupole, motivi ornamentali e fantasie architettoniche. Nella città partenopea, inoltre, Juvarra stabilisce una fitta rete di legami e conoscenze con personalità del momento tra cui, gli architetti Domenico Antonio Vaccaro (1678–1745) e Ferdinando Sanfelice (1675–1748).
A Roma dal 1706, Juvarra torna a collaborare con Francesco Fontana (1668–1708), figlio di Carlo. Nello stesso anno, si reca anche a Lucca per completare Palazzo Pubblico lasciato incompiuto da Bartolomeo Ammannati (1511–1592). Qui, progettava anche ville per la colta e raffinata nobiltà lucchese. 
Mentre era a Lucca, a soli ventotto anni, Juvarra è nominato “Accademico di Merito dell'Accademia di San Luca”, un conseguimento d'onore di grandissimo prestigio che l’architetto ricambia con un proprio progetto per una chiesa a pianta centrale: la struttura desunta da Bernini, Borromini e Pietro da Cortona, presagiva la soluzione adottata per la futura Basilica di Superga di dieci anni dopo.
Juvarra inizia ad insegnare architettura presso l'Accademia romana, una carica che ricopre con impegno formando giovanissimi apprendisti come Domenico Gregorini, Pietro Passalacqua e soprattutto Luigi Vanvitelli (1700–1773), figlio dell'amico pittore Gaspar van Wittel (1653–1736). 
La scomparsa prematura di Francesco Fontana sconvolge l'equilibrio professionale di Juvarra; privo degli importanti incarichi dell’amico, l’architetto viene chiamato presso la corte cardinalizia di Pietro Ottoboni, porporato amante del teatro che lo impiega come scenografo. In questi anni, per la curia romana, Juvarra eseguiva numerose opere tra architetture effimere, apparati decorativi e addobbi funebri, tutte rigorosamente preparate nella nuova casa e atelier di Palazzo Tuccimei a piazza Navona, dove aveva preso alloggio. 
Juvarra approdava in un ambiente ricco di stimoli e fermenti culturali. Nel cenacolo di Ottoboni comincia a plasmare la sua immagine pubblica di uomo raffinato e brillante, membro anche dell'Accademia dell'Arcadia (1712).

La morte di Carlo Fontana, nel 1714, spezza un importante legame professionale e il destino riporta Juvarra a Messina

Lo stesso anno, il marchese Francesco Aguirre, membro dell’Arcadia, sollecita l'amico architetto a raggiungerlo a Messina. Qui, Aguirre accoglieva il duca di Savoia Vittorio Amedeo II che, ottenuta la corona di Sicilia, era in cerca di un successore del suo defunto architetto di corte Michelangelo Garove (1648–1713). 
Juvarra si presentava a Vittorio Amedeo munito di matita e tiralinee, con un progetto di ampliamento del Palazzo Reale di Messina, purtroppo, anch'esso distrutto con il terremoto del 1908. 

Il re capì di avere di fronte un architetto in grado di conferire a Torino una veste architettonica degna di una città regia. Tra i due scaturì un’intesa e un saldo affiatamento: il prelato coronò il suo sogno e divenne “primo architetto civile” del regno

Subito, Vittorio Amedeo incaricò Juvarra di progettare una grande basilica intitolata alla Vergine sul colle di Superga (1717-1731), che doveva fungere anche da mausoleo sabaudo e tempio votivo per la vittoria ottenuta sui francesi del 1706. In quattordici anni di cantiere, Juvarra portava a termine il suo capolavoro.

La visione della sagoma della Basilica sul colle, a sud est di Torino, si staglia sullo sfondo delle Alpi dominando tutta la pianura sottostante.

La capacità di dialogare con l’aria e il paesaggio sulla vetta di Superga, trovava esempio in alcuni monasteri barocchi dell’epoca, come l’Abazia di Melk in Austria.
Per realizzare la Basilica fu demolita una chiesa già esistente e abbassato il terreno di quaranta metri per motivi di accesso durante i lavori. 
Juvarra rivisita e ripercorre due secoli di ricerca architettonica e in maniera del tutto originale, concilia la triade barocca di Bernini, Borromini e Pietro da Cortona. 
La pianta centrale della Basilica sormontata da una cupola allude al progetto di San Pietro di Michelangelo. Le due torri gemelle, guardano a Sant’Agnese di Piazza Navona, come pure la chiesa a pianta centrale innestata a un vasto edificio conventuale e longitudinale, rimanda a Sant’Ivo alla Sapienza, entrambe opere del Borromini. All’interno, la cupola con cassettoni esagonali interrotti da nervature, ricorda Pietro da Cortona. 
Juvarra dialoga in modo provocatorio con una moltitudine di forme barocche in tensione continua con la classicità del Pantheon romano, che cita con il pronao quadrato in facciata, sormontato da un frontone triangolare.

Il risultato è un’architettura tipicamente Rococò, leggera e ariosa nel rapporto con la luce e il paesaggio 

Contestualmente al cantiere di Superga e su commissione di Maria Giovanna Battista di Savoia, Juvarra progettò anche le facciate delle chiese gemelle della “Place Royale” di San Carlo, delle quali venne realizzata solo quella di Santa Cristina.
Molti sontuosi palazzi di Torino portano la sua firma, dalle facciate, ai scaloni monumentali, fino ai saloni interni: Palazzo Madama, Palazzo Reale con la Scala delle Forbici, Palazzo del Senato Sabaudo e l’Archivio di Stato, sono solo una parte dei numerosissimi interventi di un artista prolifico e senza dubbio veloce e sicuro di sé come tipico del creatore settecentesco (Juvarra a Palazzo Madama di Torino). 
Nei dintorni di Torino, infine, Juvarra mise mano al Castello di Rivoli e a quello della Mandria, alla Palazzina di Caccia Stupinigi (Juvarra: i Palazzi cittadini e le ville in campagna dei Savoia), a Villa della Regina e alla sontuosa Reggia di Venaria Reale, la Versailles dei Savoia (Filippo Juvarra e Venaria Reale).

FOTO DI COPERTINA
La Basilica di Superga, Torino