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Lettera a una professoressa
Don Lorenzo Milani
Oggi Teresa ha parlato ai suoi studenti di don Lorenzo Milani, un sacerdote cattolico molto coraggioso, che nel 1954 fonda una scuola a Barbiana, un piccolo paese della Toscana vicino a Firenze.
La scuola di don Milani è per i ragazzi poveri, ancora esclusi dall’istruzione, dalla cultura e dalla lingua. Nel 1967 don Milani e i suoi ragazzi scrivono un libro intitolato Lettera a una professoressa. In questo libro, loro immaginano di parlare a una professoressa per denunciare tutte le cose che nella scuola italiana vanno male. Secondo loro, la scuola era progettata per aiutare i ragazzi ricchi, mentre non era per niente utile ai figli dei poveri.
Nella scuola di Barbiana accadeva il contrario: si insegnava la cultura e soprattutto la lingua ai poveri. I ricchi - dicevano don Milani e i ragazzi di Barbiana – erano avvantaggiati rispetto ai poveri proprio perché conoscevano bene la lingua italiana: e la conoscevano perché la usavano in famiglia. Nelle famiglie dei poveri, invece, si usava solo il dialetto. Secondo i ragazzi di Barbiana, la scuola doveva aiutare i poveri insegnando a tutti un italiano chiaro e semplice.
Negli anni Settanta del Novecento molti studiosi e molti insegnanti guidati dal grande linguista Tullio De Mauro hanno ripreso alcune delle idee di don Milani e nel 1975 hanno pubblicato un documento intitolato Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica. Gli obiettivi di questo documento erano due: cambiare il modo di insegnare l’italiano a scuola; insegnarlo meglio ai ragazzi più poveri e svantaggiati. Per concludere, visto che ho nominato tante volte la parola scuola, oggi voglio raccontarvi da dove viene. Viene da scholè, una parola che in greco antico indicava il ‘tempo libero’ che le persone si tenevano per poter studiare.
La scuola di don Milani è per i ragazzi poveri, ancora esclusi dall’istruzione, dalla cultura e dalla lingua. Nel 1967 don Milani e i suoi ragazzi scrivono un libro intitolato Lettera a una professoressa. In questo libro, loro immaginano di parlare a una professoressa per denunciare tutte le cose che nella scuola italiana vanno male. Secondo loro, la scuola era progettata per aiutare i ragazzi ricchi, mentre non era per niente utile ai figli dei poveri.
Nella scuola di Barbiana accadeva il contrario: si insegnava la cultura e soprattutto la lingua ai poveri. I ricchi - dicevano don Milani e i ragazzi di Barbiana – erano avvantaggiati rispetto ai poveri proprio perché conoscevano bene la lingua italiana: e la conoscevano perché la usavano in famiglia. Nelle famiglie dei poveri, invece, si usava solo il dialetto. Secondo i ragazzi di Barbiana, la scuola doveva aiutare i poveri insegnando a tutti un italiano chiaro e semplice.
Negli anni Settanta del Novecento molti studiosi e molti insegnanti guidati dal grande linguista Tullio De Mauro hanno ripreso alcune delle idee di don Milani e nel 1975 hanno pubblicato un documento intitolato Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica. Gli obiettivi di questo documento erano due: cambiare il modo di insegnare l’italiano a scuola; insegnarlo meglio ai ragazzi più poveri e svantaggiati. Per concludere, visto che ho nominato tante volte la parola scuola, oggi voglio raccontarvi da dove viene. Viene da scholè, una parola che in greco antico indicava il ‘tempo libero’ che le persone si tenevano per poter studiare.