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1861: fatta l'Italia, bisogna fare l'italiano
Piccola storia dell'italiano
Quando l’Italia era già unita gli italiani non avevano ancora un’unica lingua, ha detto Fela oggi. È vero. Purtroppo s’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani. Queste parole, scritte da uno scrittore e uomo politico italiano poco dopo il 1861, mostrano che l’Italia era sì unita, ma non tutti gli italiani erano uniti, non tutti si sentivano italiani. La parola italiani per indicare le persone che vivevano in Italia esisteva già da molto tempo: pensate che uno dei primi ad usarla è stato Giovanni Boccaccio nel suo Decameron. Ma appunto, gli italiani erano quelli che vivevano in Italia, non ancora i cittadini d’Italia. Per sentirsi italiani mancava ancora qualcosa: intanto, mancava la lingua. Nel 1861, su venticinque milioni di abitanti, le persone che sapevano usare l'italiano erano al massimo due milioni e mezzo (ossia il 10% della popolazione), e più del 75% degli italiani non sapeva né leggere né scrivere. Fra il 1861 e il 1914 (l’anno dell’inizio della prima guerra mondiale) le cose sono cambiate, anche se molto lentamente. Si è diffusa la scuola, e con la scuola si è diffuso anche l’insegnamento della lingua nazionale; migliaia di ragazzi si sono spostati dal nord al sud e dal sud al nord per fare il servizio militare: per comunicare con gli altri soldati non potevano usare il dialetto della loro zona, dovevano usare l’italiano. Inoltre, nello stesso periodo, molti italiani del sud si sono trasferiti nelle città del nord, più ricche e industrializzate. Gli immigrati e gli abitanti delle città del nord non parlavano lo stesso dialetto, e anche questo ha favorito un po’ la diffusione dell'italiano. Ma la strada per trasformare l’italiano nella lingua di tutti era ancora lunga.