Longhi e Caravaggio, artista moderno e "popolare"
Una mostra, Il tempo di Caravaggio
A cinquant'anni dalla morte, per ricordare lo storico dell'arte Roberto Longhi (1890-1970), uno dei maggiori e più innovativi del Novecento, i Musei Capitolini hanno ospitano la mostra, Il tempo di Caravaggio (Roma, 2020), curata da Maria Cristina Bandera, direttrice della Fondazione dedicata allo studioso.Longhi definisce Caravaggio, con una metafora molto bella, non il portiere di notte, l'ultimo pittore del Rinascimento, ma il primo pittore dell'età moderna per il suo ricominciamento della pittura, per il suo porsi di fronte al vero, alla verità delle cose e anche per aver inventato, trovato, soggetti nuovi, come nel caso del 'Ragazzo morso dal ramarro', nucleo della sua raccolta.
Maria Cristina Bandera
Nell'esposizione romana, il nucleo più significativo dei dipinti provenienti dalla collezione Longhi, comprendeva opere dell'artista lombardo e dei suoi seguaci, formatosi attorno al Merisi e a quel suo straordinario "naturalismo". Sono artisti lombardi e veneti del Cinquecento, che indirizzano la ricerca di Caravaggio prima di arrivare a Roma. Da Lorenzo Lotto (1480-1557), riconosciuto da Longhi come uno degli "antecedenti del Caravaggio” per la ricerca luministica, al veronese Battista del Moro (1512-1573), fino a Bartolomeo Passarotti (1929-1592).
Il percorso espositivo inoltre, contemplava molti dipinti di artisti che, per tutto il Seicento, sono stati influenzati dalla rivoluzione figurativa caravaggesca: Carlo Saraceni (1585-1625), Guglielmo Caccia (1568-1625), detto il Moncalvo, Domenico Fetti (1589-1625), Pier Francesco Mazzucchelli, detto il Morazzone (1573-1626), Angelo Caroselli (1585-1652), Jusepe de Ribera (1591-1652), Battistello Caracciolo (1578-1635), fino a Valentin de Boulogne (1591-1632), pittore che ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del caravaggismo di tutta Europa.
Nei primi anni del Novecento, Caravaggio era uno degli artisti meno considerati dell'arte italiana, valutato come l'ultimo esponente del Rinascimento. L’estetica crociana infatti, favoriva una lettura idealistica dell'artista, basata su binomi evocativi che, di volta in volta, marcavano le differenze e le vicinanze tra Caravaggio e Raffaello o Caravaggio ed Ingres.Perché il fenomeno Caravaggio "esplose" nella cultura del Secondo Dopoguerra ?
La collezione Longhi, come racconta nel filmato Bandera, trae origini dalla tesi di laurea che il giovane critico dedicava al Merisi, un lavoro pionieristico discusso all'Università di Torino, nel 1911, con Pietro Toesca. Alla tesi, Longhi faceva seguire una serie incalzante di saggi monografici sui pittori seguaci della modernità caravaggesca, tra questi, Mattia Preti (1913), Orazio Borgianni (1914), Battistello Caracciolo (1915) e Gentileschi padre e figlia (1916). Le ricerche del critico, presero forma sempre più esaustiva in altri contributi fondamentali. Quesiti caravaggeschi (1929), e Ultimi studi su Caravaggio e la sua cerchia (1943), culminavano nella famosa mostra del 1951, allestita a Palazzo Reale di Milano: "Caravaggio e i caravaggeschi".
La mostra, una pietra miliare della storiografia del Merisi, focalizzava un'idea di fondo e una lettura dell'artista fin'ora inedita:
Dopo la grande esposizione, Caravaggio divenne "il primo dei moderni" e quell'accezione di "naturalista" che la critica fino ad allora aveva usato per l'artista in maniera quasi denigratoria, acquistava linfa vitale accanto ad un aggettivo importante per Caravaggio e l'estetica moderna, per dirla con Longhi, "il realismo".Il pubblico cerchi dunque di leggere “naturalmente”, un pittore che ha cercato di essere “naturale”, comprensibile, umano, più che umanistico, in una parola, popolare!
Roberto Longhi 1951
Negli anni Cinquanta del Novecento, il tema del "realismo caravaggesco" investi il dibattito culturale della sinistra italiana, soprattutto sul doppio fronte della letteratura e del cinema neorealista. Vittorini parlava di un "realismo morale", da non confondere con il verismo e nel "fronte" delle arti contemporanee, Guttuso e compagni abbracciavano la poetica "realista" di Caravaggio come segno di concretezza etica dell'azione culturale.
Nel 1948, l'amico di Longhi, il regista e saggista Umberto Barbaro (1902-1959), docente al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, dava alle stampe un agile libretto, Le ricche miniere della pittura contemporanea (1948). Qui, la pittura di Caravaggio, in linea con le posizioni longhiane poi ribadite nell'introduzione alla mostra del 1951, si collegava in un fil rouge all'Impressionismo francese di fine Ottocento, ossia a quella corrente artistica che, fissava l'attimo della realtà sulla tela, come già la fotografia di Nadar aveva iniziato a fare da anni.Quella di Caravaggio, è una affermazione soprattutto di libertà, una pittura che è essenzialmente moralità in atto; qui è un nuovo, altissimo senso della realtà e dell’umanità
Umberto Barbaro, 1948
Gli stessi Longhi e Barbaro, sempre nel 1948, giravano il documentario Caravaggio, film del quale oggi rimane una sola copia muta e uno testo di accompagnamento redatto dallo storico dell'arte.
Longhi e Barbaro, vedendo quei "fotogrammi" dipinti dell’artista lombardo, tessevano un racconto di immagini che da Lotto, Moretto e Savoldo, passando per Vermeer, Hals, e Velazquez, arrivava a Coubet, Manet e Cézanne.Furono i fotogrammi in movimento e le modeste carrellate delle immagini di Caravaggio con la loro forza di verità l'argomento determinante per convincermi dell'urgenza di reintrodurre (…) nel discorso critico, quel concetto di 'realismo' che l'imperante astrattismo idealistico ci aveva per tanti anni precluso
Roberto Longhi, 1959
L’esperienza con il cinema e con la compagine culturale e politica della sinistra italiana del dopoguerra, induceva Longhi a sperimentare un linguaggio scritto più colloquiale e un registro narrativo più semplice, adatto alla nuova divulgazione e diffusione delle idee fuori dalle aule accademiche. Con questo intento, nel 1952 Longhi da alle stampe 'Caravaggio' (Aldo Martello, Milano), libro pubblicato all'indomani della mostra e concepito come un agile testo critico "romanzato" e illustrato, con i regesti documentari a parte.
Barbaro, dal canto suo, coniugava la riflessione longhiana con l’impegno ideologico di fede marxista e in quest'ottica, l’apporto di Caravaggio al “realismo socialista” era fondamentale.
La mostra milanese, oltre a rappresentare l’evento detonatore per l’impennata dei successivi studi caravaggeschi, ebbe effetto dirompente in molti artisti fra i quali, il giovane Pier Paolo Pasolini che in più occasioni, ha ricordato la "folgorazione figurativa" e l'emozione provata durante le lezioni a diapositive di Longhi all'Università di Bologna (Vittorio Sgarbi: Caravaggio, la fotografia e Pasolini).
Lo scrittore friulano, portava il mondo popolare e “dannato” degli emarginati di borgate romane, nel suo primo romanzo Ragazzi di vita (1955) e con i film Accattone (1961) e Mamma Roma (1962), faceva emergere la drammatica impronta “pittorica” dello stile di Caravaggio.