Bernini, un grande disegnatore
Una mostra nel laboratorio del genio
Circa cento di questi fogli, sono di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) e con tutta probabilità, provengono dalla collezione della regina Cristina di Svezia per la quale, l'artista aveva lavorato a partire dall'allestimento dei festeggiamenti per il suo arrivo a Roma, nel 1655, fino allo specchio ideato per la sovrana del quale esistono solo alcuni disegni (La liberta di Bernini. Bernini e la città).
Questa collezione, assieme ad altro materiale, è stata esposta nella prima mostra dedicata al disegno di Bernini (Il laboratorio del genio. Bernini disegnatore, Galleria Nazionale di Arte Antica in Palazzo Barberini, 2015), una preziosa e delicata esposizione di circa centoventi opere, scelte a documentare tutto l'arco creativo di vita dell'artista.
Molti dei disegni, riguardano importanti progetti, come San Pietro, la Fontana dei quattro fiumi, la Cappella Cornaro, Santa Maria del Popolo e tanti altri.
A partire dalle pose delle diverse statue, o dalle piante e strutture degli edifici, fino ai dettagli di volti e decorazioni, le informazioni dei disegni tornano rielaborate nella fase successiva del bozzetto in terracotta.Questi fogli sono preziosissimi perché restituiscono la genesi dell'ideazione creativa di Bernini
Secondo un aneddoto raccontato da Filippo Baldinucci (1624–1696), maggior biografo dell'artista, il giovanissimo Gian Lorenzo, che già aveva conquistato fama di ritrattista, fu ricevuto da Paolo V che gli chiese di disegnare a penna sul momento una testa.
Giunto a Roma, assieme al padre Pietro, il giovanissimo Gian Lorenzo disegnava quotidianamente, per circa tre anni, le antiche statue della collezione vaticana, luogo dove il padre aveva incarichi di lavoro. Ne è testimone, uno Studio del Laocoonte realizzato a sanguigna, in cui l’attenzione per la resa plastica dell’anatomia del busto, denota l'interesse del giovane nell'esercizio di modelli maschili.In mezzora o poco più, Bernini delineò un San Paolo per il pontefice e questi, dopo aver ricompensato il fanciullo, gli augurò di poter diventare "il Michelangelo del suo secolo"
Disegni di altra provenienza, dimostrano come l’osservazione e lo studio della natura viene tradotta sul foglio in modo prepotentemente scultoreo, al pari delle figure di nudo che, nelle pose, evocano le prime idee per le statue della Fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona.
La sua singolare capacità nel congiungere studi fisionomici a particolari caratteri psicologici, viene espressa al meglio in una campionatura di ritratti; sono spesso “ritratti di nessuno”, o anche Autoritratti, un genere del quale l'artista ha il primato nella storia della pittura italiana (La liberta di Bernini. Il colore del marmo).Durante tutta la vita, Bernini disegna, come ugualmente dipinge, anche per godimento privato, senza rispondere a nessun committente, cosa molto insolita all'epoca, ma l'artista sapeva bene di poter proporre solo determinate cose, dimostrando una forte conoscenza del pubblico e del mercato
Gian Lorenzo Bernini, Caricatura del cardinale Scipione Borghese, 1633, Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano
Ma c'è di più, perché Bernini fece anche caricature. Questi disegni furono molto apprezzati dai suoi contemporanei, fra i quali il suo biografo e figlio Domenico (1657–1723), che nella "Vita del Cavalier Gio. Lorenzo Bernini" (1713), scriveva:
Con straordinaria sintesi espressiva, l'artista tracciava sul foglio, personalità restituite con pochi tratti di penna: Scipione Borghese, un anonimo cavaliere francese, Antonio Barberini, Flavio Chigi e tanti altri.Veniva a deformare, come per ischerzo, l’altrui effigie in quelle parti però, dove la natura haveva in qualche modo difettato e senza toglier loro la somiglianza, li rendeva sù le carte similissimi, e quali in sostanza essi erano, benche se ne scorgesse nobilmente alterata, e caricata una parte
Domenico Bernini
Bernini esplicava quest'attitudine al disegno servendosi dei più svariati supporti.
A volte, si serviva del pavimento, come avvenne nel 1665 a Parigi in presenza del ministro Colbert, per il quale tracciò a carbone il disegno della piazza del Louvre.Da testimonianze d'epoca, risulta che era abituato a disegnare sul muro della propria casa, con il carboncino, le idee che man mano affioravano
Bernini fu un "artista totale", come solo nel Settecento si definirà questa categoria, perché fu in grado di servirsi del proprio talento anche per apparati effimeri, fuochi pirotecnici, reliquiari, medaglie, alari da camino e tanto altro.Un altro universo dell'immensa fantasia creativa di Bernini, purtroppo in parte perduto, che solo le antiche testimonianze d'epoca possono evocare nelle forme e nei colori, riguarda gli apparati scenici per feste e celebrazioni, attività che impegnò l'artista dei potenti per tutto l'arco della vita
La Roma di allora, non era una città statica, grigia e immutabile, ma era continuamente cangiante e mutevole come riportano antiche testimonianze, stampe, disegni, progetti o quadri stessi.Chiese, piazze e cortili di palazzi, nel Seicento erano palcoscenici per spettacoli effimeri, destinati poi a sparire
Il gesuita, Cardinale Sforza Pallavicino, grande estimatore e mecenate di Bernini, nel 1645 scriveva:
Gli apparati effimeri per le feste, raggiungono il loro apice nell'epoca barocca (Festa Barocca), committenti e artisti giocavano sulla caduta di ogni barriera tra lo spazio fittizio in cui avveniva la rappresentazione, e quello reale in cui si muovevano gli spettatori. Il fine era ingannare i sensi, indurre meraviglia, piacere estetico e veicolare così contenuti di propaganda religiosa inerenti la Controriforma cattolica, o politica.E generalmente ogni professor d'arte imitatrice, cioè ogni artista, tanto è più lodevole, quanto più inganna; poiché quell'inganno stesso, poi conosciuto, generando nuova ammirazione divien maestro di verità
Sforza Pallavicino
Il servizio è stato realizzato in occasione della mostra di Palazzo Barberini (Roma, 2015), con l'intervista a uno dei curatori, Giovanni Morello