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Piemonte. La Reggia di Venaria Reale
La Versailles dei Savoia, prima parte
Da metà Seicento, fino al 1750 circa, la sperimentazione di nuove forme e linguaggi di comunicazione fu epocale per Torino che, in un dialogo diretto tra Roma e Parigi, poli di attrazione dell’Europa moderna, favoriva lo scambio di idee, opere e artisti avviati a rinnovare le arti sulla scena internazionale.I Savoia impiegarono originalissimi artisti per plasmare un territorio e una società avviata alla modernità barocca
Il duca Carlo Emanuele II (1634-1675), legato alla Francia con ben due matrimoni di principesse francesi, commissionava Venaria Reale all'architetto di corte e "Primo Ingegnere ducale", Amedeo di Castellamonte (1610-1683).
Venaria, il cui etimo latino rimanda alla "caccia", venne concepita per assolvere al particolare "piacere" del duca che, vicino a Torino, nella brughiera collinare, poteva godere di boschi ricchi di selvaggina.
Amedeo, assieme al padre, Carlo di Castellamonte (1560-1641), fu l’uomo che più di ogni altro diede a Torino il volto della capitale barocca seicentesca, che tanto sopravvive anche oggi (Torino. Dai Castellamonte a Guarini).
Entrata al Borgo cittadino di Venaria Reale
Iniziata nel 1659 e ultimato nel 1675 circa, l'impianto di Venaria disegnato da Castellamonte, rappresenta un unicum, nel complesso di Borgo, Reggia e Giardini, posti lungo un asse di circa due kilometri.
Il progetto di Castellamonte fu di grandioso impatto scenografico: esso comprendeva il palazzo, il parco, i boschi di caccia e un intero borgo che riproduceva in pianta la forma circolare del "Collare dell'Annunziata". La residenza, cresceva nel mezzo di giardini all’italiana, con giochi di statue, fontane, scalinate spettacolari e terrazze su più livelli. A sud, sorgevano le scuderie e i canili e ad ovest, la Citroniera, il "Parco alto dei cervi" e in affaccio al Borgo, la Cappella di San Rocco.
Venaria Reale, vista dai giardini
Una linea prospettica, tagliava il Borgo e continua nel cuore della Reggia, lungo il canale che collegava la Fontana d’Ercole al Tempio di Diana.
La Venaria di Amedeo di Castellamonte, rappresenta il coronamento di una carriera multiforme, da abile urbanista, ad architetto ed artista capace di cogliere e celebrare la magnificenza del duca, attraverso la ritualità della caccia a cui è dedicato questo grandioso tassello, a compendio di quel disegno di "delizie seicentesche", sorte a corona di Torino ducale.
Venaria reale
Dal secondo matrimonio di Carlo Emanuele II, nasceva Vittorio Amedeo II (1666-1732), detto la Volpe Savoiarda che, in competizione con la grandezza di Re Sole, volle trasformare Venaria nella sua Versailles italiana.
Dopo aver preso in mano le redini della nazione, il sovrano vigoroso e determinato prestava la sua alleanza in maniera alterna, sia alla Francia, sia all'Austria, nel tentativo di espandere i domini dei Savoia.Figlio di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, donna energica e di potere, fu lo stesso Vittorio Amedeo a cacciare la madre dalla scena politica. Il gesto, un vero colpo di stato, mise fine alle Madame Reali torinesi e ristabilì la linea politica maschile
Nel 1713, riusciva a vincere la Francia e ad imporsi come interlocutore nella scena politica italiana diventando, con la firma del Trattato di Utrecht, re di Sicilia, territorio scambiato successivamente, nel Trattato di Londra, con la Sardegna (1718).
Nel 1693, a seguito della distruzione di alcune parti del complesso di Venaria, ad opera di truppe francesi, Vittorio Amedeo decise di rinnovare il complesso (1699-1713), incaricando l'architetto, ingegnere ed urbanista torinese, Michelangelo Garove (1648-1713).
Da ora in poi, le sue vicende artistiche riguardano il Settecento e lo sviluppo grandioso attuato dall'architetto messinese Filippo Juvarra (1678-1736). Sua, la Cappella Regia di Sant’Uberto, il "Salone grande" e l’originale e ingegnoso progetto della Citroniera con l’adiacente Scuderia, riunite in un unico corpo, la cui facciata, funge da fondale aulico al “Giardino a Fiori”.Fu questa l'occasione per esprimere il nuovo riferimento culturale della Corte di Vittorio Amedeo II: da tenuta di caccia, Venaria Reale diventava una Reggia, al pari di Versailles, con giardini ridisegnati alla francese
Caratterizzata dal gusto scenografico del Tardo Barocco e del Rococò di Juvarra, a fine Settecento alcuni interni di Venaria assecondano anche lo stile Neoclassico, per concludere così le articolate vicende architettoniche del complesso.
Durante la dominazione napoleonica, la Reggia iniziava a subire serie trasformazioni, in particolare, i giardini furono distrutti per creare una piazza d'armi e l'intero complesso, trasformato in caserma.
Con la Restaurazione, dopo il 1818, il complesso fu confermato centro nevralgico della Cavalleria sabauda, ospitando pure una scuola di equitazione militare di prestigio europeo, per volere di re Vittorio Emanuele I.
Solo dal 1978, dopo numerosi appelli e denunce per l'insostenibile degrado, ad opera soprattutto dello storico dell'arte Federico Zeri, la Reggia fu affidata alla Soprintendenza per un restauro durato moltissimi anni.L'uso di caserma reale, protratto fino al Novecento, nel secondo dopoguerra viene sospeso e la struttura abbandonata e spogliata di tanti materiali riutilizzati altrove
Dal 1997, i lavori videro un'accelerazione con l'intervento dell'Unione Europea, a fianco dei Ministeri dell’Economia e dei Beni Culturali italiani, della Regione Piemonte, della Provincia di Torino e del Comune di Venaria.
Infatti, non toccò solo il risanamento del complesso architettonico, ma il restauro restituì anche il valore urbanistico dell'intero territorio, compreso il borgo storico di Venaria, le infrastrutture per la viabilità, il grande parco, la riqualificazione dei giardini, le circa trenta cascine e ville interne.La Reggia di Venaria Reale fu uno dei più grandi cantieri di restauro italiano ed europeo
FOTO DI COPERTINA
Veduta di Venaria Reale dal parco