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Francia. L'impero assoluto di Re Sole

Festa barocca, 1980-1982

Il breve filmato estratto della quinta puntata della serie televisiva Festa Barocca (1981-'82) di Folco Quilici e Jean Antoine (Barocco e Brume di Jean Antoine), introduce il Seicento francese negli anni del grande monarca dell'ancien régime Luigi XIV (1638–1715), noto come Re Sole.

La storia di Luigi XIV di Borbone e della sua corte rappresenta una fase straordinaria della Francia barocca: vittorie militari, prosperità economica e soprattutto una politica culturale efficace contribuirono a costruire l'immagine grandiosa dell'assolutismo che ruotava attorno a una sola persona, Re Sole

Ispirato dal modello di governo "assoluto" della Firenze di Cosimo I de' Medici (1519–1574), Luigi XIV organizzò una fitta produzione culturale centrata sul controllo attraverso le nuove Accademie d'arte e di scienza, piantate anche in suolo romano (Accademia di Francia, 1966). Accanto a queste, il re diede ampio impulso alle arti applicate, per arrivare, intorno al 1667, alla fondazione della Manifattura Reale dei Mobili della Corona, che aveva il suo fulcro in quella della famiglia di tintori dei Gobelins, da cui uscivano sontuosissimi arazzi. 


Colbert presenta al re la nuova Manifattura Reale di Gobelins

Il Barocco francese assume la sua fisionomia nelle grandiose sistemazioni urbanistiche (Place Royale, 1605-12; Place Vendôme, 1677-' 98) e nelle sontuose fabbriche reali, a partire dei palazzi di Luigi XIV, quello cittadino del Louvre e quello di svaghi di Versailles, per finire con un "ospedale", una sorta di cittadella di soccorso voluta dal re e dedicata ai soldati in difficoltà, l'Hôtel des Invalides

A Luigi XIV non bastava imitare Roma, il sovrano voleva farla propria, assimilarla, superarla. Il gusto veniva dall'Italia, la grandeur era francese !

In antitesi al classicismo rinascimentale "a misura d'uomo" di origine italiana, la Francia di re Sole fece un uso enfatico, eloquente e monumentale dello stile Barocco. Simboli eclatanti della grandeur l'oltralpe, costruita ad immagine della monarchia di Luigi XIV furono in primis i suoi palazzi del Louvre e di Versailles. Qui, il Barocco francese sembra proprio gareggiare in aperta polemica con le soluzioni più eterodosse romane. 


Incisione della facciata est del Louvre, tratta da "Architecture françoise" di Blondel, 1756

Questo divario iniziò a palesarsi nel 1664, quando per esaltare l'ideologia assolutistica di Luigi XIV, Jean-Baptiste Colbert (1618-1684), politico ed economista, successore del cardinale bergamasco Mazarin (Giulio Mazzarino, 1602-1661), fu incaricato dal re di creare la nuova immagine dello Stato ispirata alla magnificenza della corte papale romana. 
Pertanto, per sistemare il Palazzo Reale del Louvre con forme moderne degne della monarchia, Colbert si rivolse al "principe degli artisti" romani, Gian Lorenzo Bernini (1598-1680). Scartata la sua prima proposta, troppo esuberante nelle linee sinuose della facciata, dopo un'estenuante trattativa diplomatica tra il re e papa Alessandro VII, nel 1665 Bernini dovette partire alla volta di Parigi per attivare la costruzione di un secondo progetto, questa volta più sobrio e funzionale alle esigenze della corte francese. 
Tuttavia, incomprensioni e tensioni continue persuasero Bernini a far presto ritorno in Italia; malgrado era stata posta la prima pietra del nuovo Louvre, il cantiere si arrestò definitivamente nel 1667 e Bernini rinunciò all'incarico dopo aver scolpito nel marmo il Busto di Luigi XIV (La libertà di Bernini. Bernini fuori Roma). 
Subito dopo, con l'approvazione del re, prese il via un nuovo progetto che coinvolse la facciata del cortile principale della Cour Carrée, quella della Colonnade ad est, e parte dell'estensione del Palazzo delle Tuileries. Colbert nominò architetti, Louis Le Vau (1612–1670) e Claude Perrault (1613–1688), fratello dello scrittore di fiabe Charles, medico e acuto traduttore dei trattati di Vitruvio. Si deve a loro la creazione del classicismo Barocco francese, battezzato "stile Luigi XIV", dalle forme classiche e soprattutto monumentali. 
Lontano dall'architettura romana contemporanea e ancor più dalle rotondità sinuose di Bernini, le nuove facciate del Palazzo reale interpretavano i trattati di Vitruvio. Nella Colonnade, il ritmo luminoso delle colonne dell'ordine gigante, accoppiate e stagliate dal muro, l'alto stilobate, le balaustre apicali, sono tutti elementi impensabili senza la profonda conoscenza del Barocco romano, ma la nuova dimensione grandiosa, emancipava definitivamente Parigi dalla sudditanza culturale verso l'Italia. 

Nel 1669, il re trasferì i suoi interessi nella sistemazione della Reggia di Versailles situata a circa venti kilometri da Parigi; dal 1683, sarà la residenza permanente di tutta la corte di Francia

Precedente importantissimo per l'edificazione della sontuosa Reggia di Versailles, fu il Castello di Vaux-le-Vicomte sorto tra il 1656 e il 1661, per volere di Nicolas Fouquet (1615-1680), sovrintendente alle finanze di Luigi XIV, prima di Colbert. 

Gli stessi artisti che innalzarono e decorarono il fastoso Castello vicino a Melun, nell'attuale Île-de-France, saranno poi impiegati da Luigi XIV per il Louvre e Versailles

Si tratta del primo architetto parigino del re, Louis Le Vau e del primo pittore di corte, Charles Le Brun (1619–1690), che qui collaborava con Pierre Mignard (1612–1695) e lo scultore Pierre Puget (1620–1694). I sontuosi giardini Vaux-le-Vicomte inoltre, portavano la firma del grande architetto paesaggista André Le Nôtre (1613–1700), autore di un'esemplare armonia tra architettura e paesaggio tipica delle dimore barocche francesi.
Mai si era visto in Francia tanto splendore.


Castello di Vaux-le-Vicomte

Nicolas Fouquet era un ambizioso avvocato che con abilità e ingegno aveva scalato i gradini del potere fino a giungere a farsi nominare da Mazarin, primo ministro di re Sole. All’epoca della nomina di Fouquet, i lavori per la costruzione dello splendido Vaux-le-Vicomte erano iniziati già da dodici anni, prova tangibile della fortuna che l’avvocato aveva raccolto.
Nel 1661, alla morte di Mazarin, Fouquet pensava di succedergli in qualità di primo ministro, ma Colbert, politico molto vicino al cardinale, persuase Luigi XIV della disonestà dell'avvocato con il fine di ottenere la carica. 


Fouquet riceve Luigi XIV a Vaux-le-Vicomte

Il 17 agosto del 1661, l'ignaro Fouquet organizzava una sontuosa festa d’inaugurazione di Vaux-le-Vicomte in onore di  Re Sole e della novella sposa Maria Teresa, figlia di Filippo IV di Spagna.
Le celebrazioni di Vaux-Le-Vicomte divennero leggenda. Negli splendidi giardini del castello, Molière mise in scena per la prima volta “Gli importuni”, una commedia appena scritta.
Il re ventiduenne, esasperato dai complotti, vista tanta magnificenza si sentì derubato, ma il furto dalle casse reali era effettivamente avvenuto ad opera di Mazarin e non di Fouquet. 
Diciannove giorni dopo la festa, il re fece arrestare l'avvocato che nel processo fu condannato all’esilio, pena che Luigi XIV commutò nella prigione a vita. Fouquet morì nel carcere di Pinerolo in Piemonte nel 1680, dopo sedici anni di reclusione durante i quali poté vedere sua moglie solo una volta.


La Reggia di Versailles

Simbolo assoluto del riscatto francese dal Barocco romano, fu la trasformazione dal cinquecentesco Castello di Versailles, a Reggia, un edificio che già nei primi anni del Seicento era stato adibito a residenza di caccia da Luigi XIII. 
Gli interventi voluti da Luigi XIV per ingrandire il primitivo castello del padre, riguardano l'aggiunta di tre nuove ali in pietra a circondare così la vecchia struttura a nord, sud ed ovest.


La Reggia di Versailles

La monumentale Reggia che dal 1683, diventerà la residenza permanente di Re Sole e tutta la corte di Francia, fu affidata agli architetti Louis Le Vau e Jules Hardouin-Mansart (1646-1708). Grazie alle enormi ali fiancheggianti la Cour Royale a nord e a sud, il complesso architettonico appare sontuoso e imponente, ad immagine del monarca assoluto. 

La grandezza del Barocco francese alla "Luigi XIV" richiama  la Roma classica, più che quella contemporanea e avvicina re Sole agli imperatori antichi

Il giardino di Versailles affidato al geniale André Le Nôtre, era qualcosa di mai visto prima in nessuna corte europea. Concepito come un mondo ordinato e nello stesso tempo sterminato, Le Nôtre progetta diverse e profonde prospettive viarie: dai percorsi lungo bacini idrici navigabili, ai boschetti ameni e aiuole geometriche come nei "giardini all'italiana". Il tutto, veniva ravvivato da complessi giochi d'acqua, laghetti, fiumi, fontane e cascatelle nel mezzo di un numero elevato di statue in marmo. L'architetto giardiniere creava per il re scenografie mutabili, spazi dedicati al teatro, alla musica, al ballo e a tutti gli innumerevoli svaghi di Luigi XIV, unico protagonista di una corte ravvivata e intrattenuta da mode e costumi aristocratici. 

Poiché sua Maestà aveva preso il sole come sua impresa … la maggior parte degli ornamenti di Versailles erano ispirati al mito del Sole e di Apollo
Charles Perrault

Nel 1665, Le Nôtre aveva posto nel giardino un Labirinto disadorno, reso più divertente dalla presenza di siepi alte cinque metri che rendevano difficile l'orientamento ai cortigiani. 
Nel 1669, Charles Perrault (1628-1703), poeta e scrittore di fiabe secolari (Cappuccetto Rosso, Barbablù, La bella addormentata, Pollicino, Cenerentola, Il gatto con gli stivali), consigliò Luigi XIV di includere all'interno del Labirinto trentanove fontane e una serie di quasi trecento sculture dipinte di animali, opera di François Girardon (1628–1715), a rappresentare le favole di Esopo. L'acqua per gli elaborati giochi scenografici veniva dalla Senna, grazie a delle pompe poste fino a quattro chilometri dal Labirinto.
Tra il 1672 ed il '77, mentre il giardino si riempiva anche di animali esotici veri, getti d'acqua uscivano dalle bocche scolpite di volpi, corvi, pesci, scimmie, pavoni, rane e tanti altri, come ad evocare creature fiabesche parlanti. Ogni fontana era accompagnata da una placca con il riassunto di una favola in versi scritti dal poeta Isaac de Benserade. 
La descrizione dettagliata del labirinto, con le favole e le sculture di Girardon, che inscenavano il mito del Sole e di Apollo, fu scritta dallo stesso Perrault nel suo "Labyrinthe de Versailles".


François Girardon, Il bacino di Saturno, giardini di Versailles

All'interno del Palazzo, spicca per magnificenza la Galleria degli Specchi. Questi, furono realizzati con lastre fabbricate in loco, strappando a Venezia la ricetta per la lavorazione del vetro in un'epoca in cui, la Serenissima, aveva il monopolio produttivo a livello mondiale. Dovendo Versailles apparire come una vetrina sul mondo, il re aveva stabilito che tutti i materiali utilizzati per la sua costruzione e decorazione provenissero necessariamente dalla stessa Francia. 


Galleria degli Specchi, salone centrale, Reggia di Versailles

La Galleria collocata nel corpo centrale del complesso, è la sala più grande del palazzo: lunga settantatre metri e larga quasi undici, in altezza raggiunge l'attico del corpo principale della reggia. Per tali dimensioni, il salone rimase privo di camini in quanto inutili.
Lo spazio occupato dalla Galleria nasceva con il progetto di Le Vau che aggiungendo nuove ali al castello, le aveva interconnesse tra loro attraverso una lunga terrazza porticata. Durante la terza campagna di ristrutturazione della reggia, tra il 1678 e l'84, l'architetto Hardouin-Mansart copriva il camminamento all'aperto perché troppo esposto agli elementi atmosferici e di scarso utilizzo.  
La Galleria degli Specchi, fu decorata nel soffitto da Charles Le Brun, autore degli affreschi anche a Vaux-le-Vicomte. "Il più grande tra gli artisti francesi del suo tempo", come dichiarato dallo stesso Luigi XIV, dipingeva nella lunga galleria scene che inneggiavano ai successi dei primi vent'anni di regno. Gli avvenimenti più significativi vennero dipinti su tela poi incollata al soffitto dallo stesso Le Brun che all'epoca, aveva ormai sessant'anni. 
La Galleria si presenta con diciassette finestre affacciate sul parco e di fronte ad esse, sulla parete opposta, altrettanti specchi delle medesime dimensioni con funzioni decorative e prospettiche. Infatti, gli specchi creano la sensazione di uno spazio amplificato, sia in termini architettonici sia di luce: la stessa luce che simboleggia re Sole.


Louis Le Nain, Interno contadino, 1645, olio su tela, National Gallery of Art, Washington 

Nelle mille contraddizioni del Seicento francese, e non solo, le famose tele dei tre fratelli Le Nain mostravano il mondo degli umili e della gente comune che viveva fuori dall'opulenza di corte. I loro contadini ritratti con grande potenza emotiva ed originalità, debitori di Caravaggio e della tradizione fiamminga del nord Europa, esibivano una scomoda verità tenuta lontana dall'aristocrazia. 
Dei Le Nain (Antoine, 1599-1648; Louis, 1593-1648; Mathieu, 1607-1677), originari di Laon e attivi a Parigi, per il fatto di essere molto simili è spesso ancora difficile attribuire l'esatta paternità della loro opera. Tuttavia, in antitesi alla corrente classicista di Nicolas Poussin (1594-1665) e allo stile mondano di scuola francese, Louis in particolare si specializzò nella "pittura di genere" dedicata al mondo rurale, di cui esaltò i volti intensi e dignitosi, espressivi di profonda malinconia umana. 

APPROFONDIMENTO
Versailles. I misteri del Re Sole


FOTO DI COPERTINA
Galleria degli Specchi, Versailles