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Un moderno Palazzo per la Secessione viennese

Il capolavoro di Joseph Maria Olbrich

Il Palazzo della Secessione di Vienna fu costruito nel 1898 dal maggiore esponente dello Jugendstil del tempo, l’architetto ceco austriaco Joseph Maria Olbrich (1867-1908), fondatore del gruppo secessionista con Gustav Klimt (1862-1918), il collega Josef Hoffmann (1870-1956) e il pittore e designer Koloman Moser (1868-1918). 
Olbrich, uno degli allievi più brillanti dell’affermato Otto Wagner (1841-1918), con Hoffmann e Adolf Loos (1870-1933) partecipa a un'epoca di grandi anticipazioni che contribuiranno al sorgere e all’affermarsi, non solo a Vienna ma in tutta Europa, di nuove concezioni architettoniche.
Già nel 1892, insieme con il compagno di studi Hoffman e il pittore Moser, Olbrich aveva costituito il gruppo “Siebner Club” e a questo, nel 1897, si univa quello capeggiato da Klimt; due anni dopo, aderiva ufficialmente al gruppo secessionista lo stesso Wagner (Otto Wagner, il profeta dello spazio urbano). 

Nasce così la Secessione viennese, un’associazione di artisti determinata a rompere radicalmente con lo “storicismo” ecclettico del XIX secolo a favore di uno stile consono al gusto e alle esigenze di una società moderna 

Dopo diverse trattative con il Comune viennese, nel novembre del 1897 veniva concesso al neonato movimento un lotto per erigere la loro sede all’incrocio della Friedrichstraße con la Karlsplatz. 
Il progetto definitivo, viene realizzato in sei mesi a partire dall’aprile 1898, grazie ai fondi elargiti dal magnate dell’industria Karl Wittgenstein e dai proventi della prima mostra del gruppo. 

Nello stesso anno viene dato alle stampe il primo numero della rivista “Ver Sacrum”, ossia “La primavera sacra”, organo di divulgazione delle teorie secessioniste

Olbrich aveva già realizzato un significativo numero di disegni, oggi conservati (Kunstbibliothek, Berlino), nei quali risulta chiaro lo sviluppo ideativo dell’edificio che, da una concezione pesante e monumentale, negli schizzi diventa via via una struttura elegante e solenne, a partire dalla scelta della pianta a croce greca fino all’utilizzo di nuovi materiali quali acciaio e vetro. 
Ma la novità vera e propria della Palazzina che già emerge negli ultimi schizzi di Olbrich, sarà la concezione multifunzionale di un edificio adatto al lavoro vero e proprio degli artisti, alla rappresentanza del gruppo e alla delicata fase espositiva, spesso dedicata a manufatti fuori scala. 

Lo spazio interno, privo di pareti fisse, è adattabile alle esigenze di ogni tipo di mostra, una duttilità che permane nei diversi progetti e che sembra l’architetto abbia deciso con Klimt

Un’altra idea feconda del giovane, che risponde all’ascendenza del maestro Wagner, autore delle stazioni metropolitane cittadine, è riscontrabile nella concezione di una facciata scenografica, enfatizzata nell’ingresso con diverse altezze e con decorazioni d’ispirazione modernista animate da sagome arboree, vittorie alate e volti femminili stilizzati che torneranno nel progetto definitivo. 

Con la Palazzina secessionista, Olbrich crea un’opera di mistero: concepisce il luogo dell’arte come spazio religioso, tempio coperto da una lussureggiante cupola dorata che rimanda a quelle bizantine

Olbrich, memore del suo viaggio giovanile in Tunisia dove studiava l’architettura orientale, progetta la cupola su una struttura in ferro rivestita di un fitto intreccio di foglie d'oro e il tutto, poggiante su quattro pilastri a loro volta fissati sulla base del parallelepipedo. 
Le foglie d’alloro, oltre tremila mischiate con settecento bacche, simboleggiano vittoria, immortalità e purificazione e ancora, uniscono alla religiosità laica dell’edificio il motivo pagano dell’alloro sacro ad Apollo, dio dell’arte, della musica e della poesia. 
Olbrich bilancia con grande maestria la disposizione assiale dei diversi volumi: la cupola lievemente arretrata rispetto ai blocchi che delimitano l’entrata, crea una cavità, un antro che conferisce monumentalità all’intero edificio. 

L’ingresso delinea così il percorso iniziatico a una vita spirituale superiore, un involucro ricco di passato, la cui cavità accoglierà il futuro

Olbrich ha sicuramente tratto da Klimt l’idea di apporre sul frontone, in caratteri dorati, il motto della Secessione coniato dal critico d’arte Lajos Hevesi:

Al tempo la sua arte, all’arte la sua libertà"

Le facciate delle due ali frontali presentano un ricco apparato decorativo di ghirlande e fasce con composizioni musive e pittoriche a fresco. Sulla porta di ingresso, le tre teste delle Gorgoni simboleggiano gli ostacoli che si frappongono al conseguimento di una vita spirituale superiore. Sotto la cornice del frontone, i serpentelli legati ai miti di Apollo, rappresentano la sintesi degli elementi apollineo e dionisiaco di cui parlava Friedrich Nietzsche (1844-1900), filosofo tedesco che ispirò molti secessionisti. 
L’alloro è un elemento dominante nelle decorazioni del Palazzo: oltre alla cupola è presente sui pilastri dell’ala anteriore e posteriore, nelle nicchie e sui perimetri del tetto. Sulle paraste dei fianchi, i gufi, modellati dallo stesso Olbrich, su disegno di Moser, sono anch’essi abbinati a verdi corone d’alloro: il binomio rappresenta il passaggio dall’inconscio a una conoscenza superiore del proprio io attraverso il sonno espresso dagli uccelli notturni. 

Sia le Gorgoni, sia il gufo, erano attributi di Pallade Atena, dea della saggezza, della vittoria e dei mestieri 

L’interno della Palazzina ospita l’atrio d’ingresso, gli uffici e i locali riservati agli artisti. Lo spazio, costituito da nitidi blocchi di volumi, se misurato rivela che nessuna superficie e nessun spigolo sono perfettamente verticali, ma si restringono verso l’alto.

La correzione ottica derivante dall’architettura antica in pietra, permetteva così di assecondare la sensibilità percettiva 

L’interno, totalmente rifatto nel restauro del 1963, era riccamente decorato con fiori stilizzati alle pareti, rivestimenti, mobili e tessuti.
Nell’ala propriamente dedicata alle esposizioni, però, Olbrich abbandona gli intenti monumentali e simbolici per aderire alla logica funzionale della struttura: quell’assenza di pareti interne portanti e inamovibili che facilitava la mutazione continua dello spazio, un parametro modernissimo tipico degli odierni spazi di esposizione.
La Palazzina della Secessione viene aperta al pubblico il 12 novembre del 1898, in occasione della seconda mostra del gruppo che suscita entusiasmo e forti opposizioni. 
Le stesse reazioni che, nel 1902, provocò la XIV Mostra della Secessione dedicata a al genio titanico della musica Ludwig van Beethoven, in occasione del 75° anniversario di morte (Klimt, la Secessione e il Fregio di Beethoven).

FOTO DI COPERTINA
Dettaglio della cupola del Palazzo della Secessione a Vienna, di Joseph Maria Olbrich