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Tiepolo a Palazzo Labia di Venezia

Un racconto di Claudio Strinati

Per la serie Striarte (Rai 5, 2016), condotta da Claudio Strinati, in questo estratto lo storico dell’arte e la collega Annalisa Scarpa, visitano e commentano gli affreschi veneziani di Giambattista Tiepolo (1696-1770), realizzati a Palazzo Labia tra il 1747 e il 1750. 


Giambattista Tiepolo, Sala da ballo con il “Banchetto di Antonio e Cleopatra” e le quadrature di Gerolamo Mengozzi-Colonna, affresco, 1747-‘50, Palazzo Labia, Venezia

Come in altri casi, anche qui Tiepolo si avvaleva della collaudata esperienza di Gerolamo Mengozzi-Colonna (1686–1774), pittore di origini ferraresi e maestro di "quadratura", ossia un’ardita tecnica prospettica per comporre spazi trompe-l'œil, all’interno dei quali il pittore veneziano collocava perfettamente le sue “storie” (Tiepolo pittore profano). 
Negli anni della maturità, poco prima di essere chiamato dal Principe e Vescovo tedesco per decorare la “Residenza di Würzburg” (Tiepolo a Würzburg e Madrid), Tiepolo realizza l’ultimo grande capolavoro veneziano, un ciclo di marcata classicità, complice l'apparato scenografico di Colonna che donava all’insieme compositivo una solenne monumentalità di sapore palladiano (Tiepolo a Palazzo Labia, nel nome di Veronese e Palladio).

Giambattista Tiepolo, Banchetto di Antonio e Cleopatra, dettaglio affresco, 1747-‘50, Palazzo Labia, Venezia

Nel piano nobile, il Salone da ballo ospita le “Storie di Antonio e Cleopatra”, svolte nelle pareti tra figure allegoriche e mitologiche. Due le scene principali: “Incontro tra Antonio e Cleopatra” e “Banchetto di Antonio e Cleopatra”. 
Nella volta, entro un oculo centrale, “Bellerofonte su Pegaso va verso la Gloria e l'Eternità”. 
In altre due piccole sale adiacenti, Tiepolo realizza sul soffitto due composizioni ellittiche: “Bacco e Arianna” e “Zefiro e Flora”.

Chi erano questi facoltosi committenti di Tiepolo? 

I Labia, ricchissimi mercanti provenienti dalla Catalogna, erano iscritti al patriziato veneziano da poco tempo, nell’anno in cui fu aperto il “Libro d’oro” (1646), che riconosceva il titolo nobiliare per aver versato nelle casse della città ben trecentomila ducati in sostegno della guerra di Candia. 

Giambattista Tiepolo, Incontro tra Antonio e Cleopatra, dettaglio affresco, 1747-‘50, Palazzo Labia, Venezia

La leggendaria famiglia, nota a Venezia per le sue prodezze, stanziò ingenti somme per possedere le “favole” firmate dal pittore più acclamato della Serenissima, colui che dava avvio alle atmosfere pastello del nuovo stile Rococò

Nei cinquecento metri quadri complessivi di pittura a fresco, Tiepolo si ispirava alla grande stagione cinquecentesca della pittura veneziana

Colpisce la sontuosità, tutta ripresa da Paolo Veronese (1528-1588), nelle composizioni di figure, nei costumi e nei colori.
Le “Storie di Cleopatra”, nel salone centrale, pare siano state suggerita a Tiepolo da Maria Labia, moglie del committente Giovanni Francesco II Labia, una donna bellissima qui accompagnata da Antonio, il maestoso imperatore.
Nel “Banchetto” della bella coppia, Tiepolo appare seduto di profilo, con accanto l’amico e aiuto di sempre, Mengozzi Colonna, dal naso aquilino.
Nell'Incontro, Tiepolo modifica la figura di Antonio, inizialmente concepita come si vede nel bozzetto (National Gallery of Scotland, Edinburgo), mentre accoglie la regina d'Egitto con un elegante baciamano, poi nell’affresco in una posa più composta. 

Dopo circa un secolo di sfrenatezze eccentriche e lussi folli, agli inizi dell’Ottocento la famiglia Labia cominciò a conoscere amarezze e decadenza

Palazzo Labia fu venduto ad un principe viennese, passando subito dopo alla benefica pia fondazione israelitica Kònigsberg che lo divise in appartamenti da affittare. 
Nel 1885, il piano nobile con il Salone da ballo fu occupato da ben cinquanta telai a mano per produrre stoffe, mentre all’ultimo piano fu istallata una segheria. 

Rifiutato dal Comune di Venezia al quale era stato offerto, con gli anni il nobile Palazzo Labia era diventato un grande condominio popolare 

In seguito, l’edificio fu acquistato da Natale Labbia, un anonimo commerciante di grano nominato principe dal regime fascista, il quale lo aveva comprato con il desiderio di vivere nella casa che riteneva essere stata dei suoi antenati. 

Palazzo Labia ha rischiato seriamente di scomparire durante la seconda guerra mondiale a causa di un’esplosione attigua all’edificio che danneggiò molto seriamente gli affreschi tiepoleschi 

Nel secondo dopoguerra, lo acquistò il petroliere messicano Charles de Beistegui che diede l’avvio ad un primo restauro terminato nel 1951, in occasione della riapertura della Biennale di Venezia. Fu proprio in quella data che a palazzo Labia si tenne la celebre “festa del secolo”, con un jet-set internazionale che danzava nei magnifici saloni in abiti settecenteschi. Fra loro, l’Aga Khan e la Begum, Winston Churchill, Orson Welles e Salvador Dalì. 
Nel 1964, de Beistegui si ritirò nel suo castello francese di Monfort e il Palazzo fu messo all’asta: se lo aggiudicò alla Rai per 350 milioni di vecchie Lire. 

La Rai dette avvio ad un radicale restauro del Palazzo, non solo delle decorazioni interne, ma anche dell’intera struttura, all’epoca, rovinosa e fatiscente

Con metodiche tecnologicamente avanzate, venne totalmente recuperato quello che è ridiventato il gioiello di un tempo e oggi, il vero e grande fiore all’occhiello dell’azienda televisiva pubblica. 

FOTO DI COPERTINA
Sala da Ballo con le “Storie di Antonio e Cleopatra” di Giambattista Tiepolo, 1747-’50, Palazzo Labia, Venezia