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Le magnificenze dei Borbone a Parma
Un Ducato di gusto francese
Ma nel 1714, la principessa Elisabetta Farnese (1692-1766) riusciva a sposare Filippo V (1683–1746), primo re di Spagna della casata francese dei Borbone; il matrimonio, avvenuto inizialmente per procura, riportava i Farnese, per alcuni anni, alla ribalta della grande politica europea e preparava le basi per il passaggio degli Stati, nonché della prestigiosa “Collezione” di capolavori artistici ereditati dai figli della coppia, Carlo e Filippo.Perduti i feudi laziali a metà Seicento e morto l’ultimo cardinale della famiglia Farnese, le sorti del Ducato di Parma e Piacenza e della dinastia durata circa duecento anni, iniziarono un lento declino
Spolverini, Filippo V ed Elisabetta Farnese osservano l’Infante Carlo in braccio alla Fede, 1716 ca., olio su tela ovale, 76x101cm., Musei Civici di Palazzo Farnese, Piacenza
A documentare i veri momenti delle nozze di Elisabetta e Filippo, fu incaricato il pittore di corte Ilario Mercanti (1657-1734), detto lo Spolverini, che eseguiva dal vivo una serie di schizzi dai quali traeva poi il ciclo di tele oggi noto con il nome di “I Fasti di Elisabetta”. Spolverini narra le grandi feste del ducato con estremo realismo e vivacità di particolari facendo ritratti e riportando colori e costumi degli eventi.
Tre anni dopo, veniva dato alle stampe il “Ragguaglio delle nozze della Maestà di Filippo Quinto e di Elisabetta Farnese” (1717), un resoconto dettagliatissimo del celebre matrimonio da diffondere tra l’aristocrazia: dai festeggiamenti di corte, al viaggio dell’ultima discendente del piccolo Ducato di Parma e Piacenza verso il grande Regno di Spagna (I Fasti di Elisabetta Farnese. Ritratto di una Regina).
Il ragguaglio delle nozze delle maestà di Filippo Quinto e di Elisabetta Farnese nata principessa di Parma, 1717, manoscritto, 32x 21x2,5cm., Biblioteca Passerini Landi, Piacenza
Nel 1731, con la morte dell'ottavo duca di Parma e Piacenza, Antonio Farnese (1679–1731), in assenza di eredi, la guida del Ducato passava al primogenito di Elisabetta e Filippo, Carlo di Borbone (1716-1788), che si stabiliva a Parma dal 1732. Nel ‘35, con la guerra di successione polacca, Carlo otteneva la corona del Regno di Napoli e poi delle Due Sicilie. Nel 1759, alla morte del fratellastro, Ferdinando VI lasciava la penisola per andare ad occupare il trono di Spagna (La Napoli dei Borbone).
Nel 1749, dopo il Trattato di Aquisgrana, il Ducato di Parma Piacenza e Guastalla, venne assegnato Filippo I (1720-1765), fratello di Carlo. Con lui, da metà del Settecento, si apre per il Ducato un periodo di grandi innovazioni culturali e sociali: Parma, in particolare, vive una stagione artistica nell’orbita del gusto e della moda francese.
Infatti, Filippo I sposava Luisa Elisabetta (1727-1759), figlia primogenita del re di Francia Luigi XV; grazie a lei, l’influenza francese nelle arti, nel costume e nei comportamenti plasmava la vita di corte, fino alla sostituzione della lingua spagnola.
Anche il governo, di fatto, fu esercitato da un primo ministro francese, Guillaume Du Tillot (1711–1774) che riformò diversi settori della pubblica amministrazione, ma non solo. Il ministro soppresse il Tribunale della Inquisizione e molti beni appartenenti al clero furono assegnati a istituti di beneficenza e di istruzione pubblica.Il fervente clima culturale prodotto della politica illuminata dei Borbone ha segnato il carattere della città stessa che, tutt’oggi, presenta marcate analogie con Parigi
In questi anni, Parma contava il più grande numero di abbonati all’Encyclopédie di Diderot e d’Alembert dopo Parigi e infatti, quattromila abitanti, su una popolazione di quarantamila, erano francesi (Nascita dell'Encyclopédie).
Elisabetta, per mano di Du Tillot, chiamava numerose maestranze da Parigi, tra cui architetti, arredatori, ebanisti, scultori e sarti che contribuirono a modificare il volto del Ducato.
Fra i nomi più illustri, l'architetto francese Alexandre Petitot (1727-1801) e lo scultore parigino Jean-Baptiste Boudard (1710–1768).
Formato all’Accademia Reale di Architettura di Parigi, fu l’incontro con Du Tillot a cambiare la carriera del giovane che venne nominato "Architetto di corte". Petitot si trasferì a Parma nel 1753, vivendo a Palazzo Ducale per ben quindici anni.Le architetture classiche e severe, i colori chiari, il disegno elegante, il gusto raffinato per il lusso, caratterizzano l’immagine di Parma plasmata in questi anni da Petitot
Petitot intervenne sul tessuto urbano con l’idea di rendere Parma una “nuova Atene””: progettò palazzi, facciate, strade, piazze, giardini, monumenti e dopo il ritiro dalla corte, insegnò architettura fino alla morte all’Accademia di Belle Arti (1752), anche questa, istituita da Du Tillot.
Ferdinando Galli da Bibbiena e Alexandre Petitot, Palazzo Ducale, o Reggia di Colorno, Parma
Dal 1753 al ’56, Petitot diresse la costruzione della Venaria Reale e la ristrutturazione del Palazzo Ducale, due residenze estive di Colorno. Nella Venaria, intervenne modificando quasi totalmente il progetto iniziale di Jean Marie Bigaud, adattando la struttura ad un gusto più sobrio e classico. Un edificio rettangolare, posto al termine di un lungo viale alberato, con una facciata suddivisa in lesene a finto bugnato e sopra, un grande cornicione su cui poggia la balaustra in muratura.
Il Palazzo, invece, che Ranuccio II Farnese aveva già fatto ristrutturare, tra il 1699 e il 1708, in stile Tardo Barocco dall'architetto Ferdinando Galli da Bibbiena (1657-1743), con l’intervento di Petitot divenne una Reggia in stile Versailles in onore della di Luisa Elisabetta. All’esterno, aggiunse solamente lo scalone, ma all’interno fece trionfare lo stile Rococò francese, con abbondanza di sete, specchi alla veneziana, arazzi, argenterie e preziosi servizi di porcellana.
Nel 1760, Petitot è incaricato di ristrutturale Palazzo del Governatore e l’attuale Piazza Garibaldi di Parma. Lo stile classico ed elegantemente francese dell’architetto anticipa la chiarezza delle forme neoclassiche; nel campanile centrale all’edificio, una nicchia ospita la statua della “Vergine Incoronata”, scolpita da Boudard.
Oltre alla ristrutturazione di Palazzo del Podestà e dei Ministeri, Petitot intervenne in città con un grande viale alberato voluto da Du Tillot, come nelle grandi capitali europee.
L’elegante boulevard terminava in una posizione elevata dove Petitot poneva la piccola palazzina di un Caffè, uno dei primi in Italia, un ritrovo per la borghesia e gli intellettuali che fungeva anche da Belvedere. Il sobrio edificio, quasi Neoclassico e di piccole dimensioni è caratterizzato da simmetria e armonia di forme. Una breve scalinata introduce la porta principale incorniciata ai lati da due finestre sovrastate da medaglioni. Il tetto piatto, così da fungere da terrazza, presenta una balaustra composta da eleganti colonnine e due grandi vasi dello scultore Boudard torreggiano sugli angoli della facciata principale.
In questi anni, nasceva anche il Museo d’antichità per raccogliere le scoperte archeologiche dell’antica città romana di Velleia, vicino Piacenza; nel 1747, la sensazionale scoperta di una tavola di bronzo iscritta diede avvio ad una prima campagna di scavi interrotta nel ‘65 con la morte del duca Filippo. Questi ritrovamenti, quasi contemporanei agli scavi di Ercolano e Pompei, favorirono la nascita del gusto settecentesco per le antichità. Lo stesso Petitot ne venne catturato.
Dopo Filippo, il trono passava al figlio Ferdinando (1751-1802) che assumeva il titolo ducale sotto la reggenza di Du Tillot, fino al raggiungimento della maggiore età.
In questi anni, un altro gioiello della Parma dei Borbone è Stamperia Reale. Nel 1768, viene chiamato dal Duca Ferdinando il tipografo Giambattista Bodoni (1740-1813), con l’incarico di dirigere la nuova stamperia governativa. Bodoni resterà a Parma per il resto della vita alloggiando nel Palazzo della Pilotta dove aveva allestito la stamperia. (Giambattista Bodoni, l'eleganza di un carattere). Stampatore, incisore, disegnatore e fonditore di caratteri eccellenti che portano il suo nome, in pochi mesi Bodoni curò la costruzione dei torchi e di utensili vari. Fin da subito, avviò la collaborazione con Petitot e l’incisore Benigno Bossi (1727-1800) per la stampa di edizioni celebrative dei fasti del Ducato.
Il matrimonio tra Ferdinando e Maria Amalia (1746-1804), figlia di Maria Teresa d'Asburgo-Lorena, del 1769, segnò il declino dell'abile Du Tillot che, inviso alla nuova duchessa austriaca, osteggiato dal partito clericale per le sue audaci riforme, poco amato dal popolo per le sue tendenze troppo filofrancesi, venne destituito da ogni incarico e obbligato ad abbandonare il Ducato nel 1771. Con lui, finiva anche la carriera di architetto di corte di Petitot e Parma si allontanava definitivamente dal nascente gusto neoclassico.In quegli anni, nasceva in città anche il giornale la “Gazzetta di Parma”
Negli anni seguenti, Ferdinando fu costretto ad affrontare le conseguenze della Rivoluzione Francese e soprattutto le minacce dell'armata napoleonica, la quale, arbitro della politica europea, nonostante la proclamata neutralità del duca, nel 1796 entrò a Piacenza ottenendo un cospicuo indennizzo di guerra.
Il duca riuscì a conservare il resto delle sue terre solo fino alla Pace di Lunèville del 1801 e un anno dopo, con la sua morte, i francesi si impadronirono definitivamente del Ducato.
Il filmato termina con un’intervista di Sebastiano Giuffrida alla storica dell’arte Anna Ottani Cavina.
FOTO DI COPERTINA
Alexandre Petitot, Casinetto Petitot, 1766, Piazzale Risorgimento, Parma