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Quali priorità per la scuola di domani?
Scuola News - 20 aprile 2021
In questo momento è particolarmente necessario interrogarci su quella che sarà la scuola di domani: sia la chiusura di questo anno scolastico e l’avvio del prossimo, probabilmente ancora caratterizzati da una didattica in parte emergenziale (nonostante l’auspicabile progressivo ritorno al 100% di presenza), sia in prospettiva di medio periodo, nei prossimi due o tre anni.
Ci sono infatti alcuni compiti importanti che probabilmente richiedono una pianificazione di medio periodo: in vista della piena ripresa delle attività, ma anche di un rinnovamento della nostra idea di scuola, perché la scuola del futuro non potrà essere un semplice ritorno alla scuola del passato.
La pandemia ci ha insegnato, in particolare, l'importanza di una buona integrazione tra digitale e nuove tecnologie, e anche in questo campo occorre lavorare: dobbiamo costruire le competenze, le infrastrutture e le dotazioni strumentali necessarie a garantire che la didattica digitale integrata del futuro sia innanzitutto pienamente inclusiva.
Per quanto riguarda le competenze, sia dei docenti sia delle studentesse sia degli studenti, in questa fase sono state probabilmente troppo focalizzate sulla didattica frontale a distanza: siamo tutti diventati virtuosi nell’uso dei programmi di videoconferenza e di aula virtuale, ma abbiamo competenze assai minori sugli altri strumenti che la didattica digitale integrata mette a disposizione. Su questo fronte è sicuramente necessario un lavoro formativo specifico, anche per quello che riguarda il corpo docente.
Un altro aspetto importante è la riorganizzazione degli spazi e dei tempi della didattica: gruppi classe troppo numerosi sono un problema dal punto di vista della pandemia, ma anche dal punto di vista dell'efficacia dell'azione didattica.
Lavorare su una riduzione della numerosità dei gruppi classe è dunque una priorità, così come è una priorità la riduzione di tutti quegli elementi di rigidità che caratterizzano il nostro sistema scolastico: abbiamo bisogno di terzi spazi, di terzi tempi, di un lavoro molto più radicale sugli interessi delle studentesse e degli studenti, perché imparare ad approfondire un interesse è un tipo di competenza che può svilupparsi anche fuori dagli ambiti strettamente disciplinari, ma che poi si rivela prezioso anche per il successo formativo disciplinare.
A riguardo può essere utile ricordare un'esperienza fatta qualche anno fa alla Fiera del libro di Londra, in cui era prevista una sessione dedicata appunto alla scuola e intitolata “What works?”; una sezione che si interrogava sulle metodologie e le politiche meglio funzionanti per il mondo della scuola e della formazione. Fare delle classifiche tra diversi sistemi formativi è sempre un’azione in parte arbitraria, però qualcosa ci dicono: sappiamo per esempio che sono particolarmente efficaci in ambito europeo i sistemi formativi del nord Europa, a partire dal famoso modello finlandese.
Indubbiamente il Nord Europa ha un modello di alta efficacia formativa e non a caso ha classi più piccole e molto più spazio per terzi spazi e terzi tempi. Altri modelli presi in esame nell’incontro di Londra sono stati il Canada, o alcuni paesi asiatici, come la Corea del Sud o Singapore. Quello che colpiva è che tra questi sistemi formativi ‘di successo’ ci sono enormi differenze: in Finlandia quasi non si usa il libro di testo, a Singapore e in Corea del sud ci sono libri di testo disciplinari unici. Anche l’organizzazione degli orari e delle discipline è abbastanza diversa.
Quali sono veramente i fattori comuni nei sistemi formativi di alto successo? I più importanti sono due. Il primo è legato al prestigio sociale della scuola e della professionalità docente. A riguardo in Italia abbiamo sicuramente dei passi in avanti da compiere, perché a differenza di quanto avveniva nell’Ottocento, quando la figura del maestro era nel paese una figura rilevante, oggi la professionalità docente non ha un sufficiente riconoscimento sociale.
Altro aspetto importante è che i paesi con maggiore successo formativo sono quelli in cui è più alta la percentuale degli studenti e delle studentesse che dichiara di andare volentieri a scuola. E le ragioni di questo rapporto ‘felice’ con la scuola sono legate alla capacità della scuola di rispondere ai loro interessi. Le studentesse e gli studenti di quei paesi ci dicono che vanno volentieri a scuola perché c'è la piscina aperta anche la notte, perché c'è il teatro, perché si fa musica, perché c'è la biblioteca scolastica, perché ci sono gruppi di discussione, gruppi di supporto. Questi aspetti fanno sempre riferimento appunto a terzi spazi e terzi tempi, ed è da questo punto di vista che la nostra scuola deve fare un passo avanti.
Ci sono infatti alcuni compiti importanti che probabilmente richiedono una pianificazione di medio periodo: in vista della piena ripresa delle attività, ma anche di un rinnovamento della nostra idea di scuola, perché la scuola del futuro non potrà essere un semplice ritorno alla scuola del passato.
La pandemia ci ha insegnato, in particolare, l'importanza di una buona integrazione tra digitale e nuove tecnologie, e anche in questo campo occorre lavorare: dobbiamo costruire le competenze, le infrastrutture e le dotazioni strumentali necessarie a garantire che la didattica digitale integrata del futuro sia innanzitutto pienamente inclusiva.
Per quanto riguarda le competenze, sia dei docenti sia delle studentesse sia degli studenti, in questa fase sono state probabilmente troppo focalizzate sulla didattica frontale a distanza: siamo tutti diventati virtuosi nell’uso dei programmi di videoconferenza e di aula virtuale, ma abbiamo competenze assai minori sugli altri strumenti che la didattica digitale integrata mette a disposizione. Su questo fronte è sicuramente necessario un lavoro formativo specifico, anche per quello che riguarda il corpo docente.
Un altro aspetto importante è la riorganizzazione degli spazi e dei tempi della didattica: gruppi classe troppo numerosi sono un problema dal punto di vista della pandemia, ma anche dal punto di vista dell'efficacia dell'azione didattica.
Lavorare su una riduzione della numerosità dei gruppi classe è dunque una priorità, così come è una priorità la riduzione di tutti quegli elementi di rigidità che caratterizzano il nostro sistema scolastico: abbiamo bisogno di terzi spazi, di terzi tempi, di un lavoro molto più radicale sugli interessi delle studentesse e degli studenti, perché imparare ad approfondire un interesse è un tipo di competenza che può svilupparsi anche fuori dagli ambiti strettamente disciplinari, ma che poi si rivela prezioso anche per il successo formativo disciplinare.
A riguardo può essere utile ricordare un'esperienza fatta qualche anno fa alla Fiera del libro di Londra, in cui era prevista una sessione dedicata appunto alla scuola e intitolata “What works?”; una sezione che si interrogava sulle metodologie e le politiche meglio funzionanti per il mondo della scuola e della formazione. Fare delle classifiche tra diversi sistemi formativi è sempre un’azione in parte arbitraria, però qualcosa ci dicono: sappiamo per esempio che sono particolarmente efficaci in ambito europeo i sistemi formativi del nord Europa, a partire dal famoso modello finlandese.
Indubbiamente il Nord Europa ha un modello di alta efficacia formativa e non a caso ha classi più piccole e molto più spazio per terzi spazi e terzi tempi. Altri modelli presi in esame nell’incontro di Londra sono stati il Canada, o alcuni paesi asiatici, come la Corea del Sud o Singapore. Quello che colpiva è che tra questi sistemi formativi ‘di successo’ ci sono enormi differenze: in Finlandia quasi non si usa il libro di testo, a Singapore e in Corea del sud ci sono libri di testo disciplinari unici. Anche l’organizzazione degli orari e delle discipline è abbastanza diversa.
Quali sono veramente i fattori comuni nei sistemi formativi di alto successo? I più importanti sono due. Il primo è legato al prestigio sociale della scuola e della professionalità docente. A riguardo in Italia abbiamo sicuramente dei passi in avanti da compiere, perché a differenza di quanto avveniva nell’Ottocento, quando la figura del maestro era nel paese una figura rilevante, oggi la professionalità docente non ha un sufficiente riconoscimento sociale.
Altro aspetto importante è che i paesi con maggiore successo formativo sono quelli in cui è più alta la percentuale degli studenti e delle studentesse che dichiara di andare volentieri a scuola. E le ragioni di questo rapporto ‘felice’ con la scuola sono legate alla capacità della scuola di rispondere ai loro interessi. Le studentesse e gli studenti di quei paesi ci dicono che vanno volentieri a scuola perché c'è la piscina aperta anche la notte, perché c'è il teatro, perché si fa musica, perché c'è la biblioteca scolastica, perché ci sono gruppi di discussione, gruppi di supporto. Questi aspetti fanno sempre riferimento appunto a terzi spazi e terzi tempi, ed è da questo punto di vista che la nostra scuola deve fare un passo avanti.