Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza
Anna Livia Pennetta
Carolina Picchio, la studentessa 14enne che la notte del 5 gennaio 2013 si suicidò perché esasperata dalle offese ricevute sui social. Una storia terribile - il primo caso di cyberbullismo conclusosi con la morte della vittima - che scosse profondamente l’opinione pubblica. Anna Livia Pennetta, avvocato cassazionista, è stata legale del padre, e in questi anni ha continuato ad assistere Paolo Picchio, diventando componente del C.d.A. della “Fondazione Carolina” nata per aiutare ragazzi e famiglie nella lotta ai bullismi.
Proprio l’impegno di tutti questi anni è stato decisivo per l’approvazione della proposta di legge avanzata dalla Senatrice Elena Ferrara per la prevenzione e il contrasto al cyberbullismo, diventata ufficialmente legge dello Stato nel giugno 2017 e dedicata a Carolina. Su questa scia l'avv. Pennetta ha scritto “Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza” (Giappichelli Editore), che approfondisce il tema da diversi punti di vista, analizzandone le diverse implicazioni rese ancora più pericolose dalla diffusione dei mezzi telematici.
L’opera rappresenta un utile strumento di supporto per avvocati e magistrati e al tempo stesso raccoglie esperienze di buone pratiche che possono aiutare genitori, insegnanti ed i ragazzi stessi a sconfiggere il bullismo.
Il libro, prosegue un iter iniziato nel 2014 quando la stessa autrice curava per Giappichelli “La responsabilità giuridica per atti di bullismo”, in cui analizzava in profondità la componente cyber. Allora già esistente ma poco esplorata, è oggi diventata centrale per le nuove generazioni di bulli, nativi digitali. Alle prepotenze fisiche e psicologiche esercitate di persona si affiancano oggi ulteriori pressioni, messe in atto attraverso i social media, con lo scopo di emarginare la vittima ed offenderne la dignità. Mentre il bullismo tradizionale cessa quando viene meno la prossimità tra il bullo e il suo bersaglio, il cyberbullismo è in grado di colpire in ogni momento e luogo con messaggi di offesa, foto incriminanti e like di approvazione della massa verso gli autori dei gesti. Scritto in collaborazione con la psicologa Giuliana Ziliotto, il volume analizza il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo definendone origini, modalità di attuazione e ruoli, per poi concentrarsi sulle responsabilità civili di genitori, insegnanti e rappresentanti delle istituzioni scolastiche. L’attenzione si focalizza poi sulle responsabilità penali degli autori degli atti e sul trattamento del fenomeno in ambito giuridico italiano e in riferimento alle convenzioni internazionali. La descrizione di episodi realmente accaduti e un linguaggio accessibile fanno del volume una guida per chi cerchi di comprendere e combattere il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. Il libro non si rivolge solo ai professionisti del settore, ma anche a genitori, ragazzi e insegnanti che già seguono la Piattaforma ELISA (E-Learning degli Insegnanti sulle Strategie Antibullismo), nata dalla collaborazione del MIUR con il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università di Firenze. Il passaggio dai tradizionali gesti di bullismo agli atti di denigrazione via web è un riflesso di quanto accade nella società: i costumi evolvono, la tecnologia pervade le nostre quotidianità. E così i bambini entrano in contatto con smartphone e tablet fin dalla tenera età, quando i genitori non esitano a metter loro in mano il cellulare. Perché non è necessario saper parlare quando premendo un’icona colorata di un’app il dispositivo regala suoni e colori: sono i “bambini touch”, che fin da piccoli arrivano a sviluppare una vera e propria dipendenza dalla tecnologia. “I genitori devono riappropriarsi della loro funzione educativa, e devono farlo subito” commenta l’autrice, “Il genitore moderno diventa amico del proprio figlio, un compagno con cui condividere videogiochi o momenti di svago, ma in realtà conosce poco o nulla della sua vita privata. Diventando amico non riesce più a porre dei limiti, che servono ad indirizzare i ragazzi nella società. Gli adulti devono recuperare la responsabilità genitoriale e costruire un progetto educativo per i propri figli.” Perché è proprio da queste mancanze che nasce il bullismo. I bulli sono ragazzi che si sentono soli; trascurati dalle proprie famiglie, covano la propria rabbia nel silenzio e nel buio delle loro stanze. Non sono empatici, non sanno mettersi nei panni degli altri e comprendere le sofferenze che possono provocare. “Si tratta comunque di ragazzi senza esperienza di vita, che ancora devono maturare”, precisa l’autrice. Non è comunque necessario compiere direttamente dei gesti offensivi per essere considerati responsabili di atti di bullismo: in Europa sono molteplici i processi ai danni di ragazzi che si erano limitati a supportare le offese ai propri coetanei attraverso lo strumento del like. Il pubblico diventa così co-responsabile del gesto: è per l’approvazione del branco che il bullo agisce, tentando di conquistare i propri compagni per vincere la solitudine. Ma ci sono anche buone notizie. Negli ultimi cinque anni la società sembra aver compreso la portata e l’importanza dei fenomeni del bullismo e delle sue declinazioni digitali, anche in seguito allo shock provocato dalla storia di Carolina. Il nostro ordinamento non ha evidenziato la necessità di aggiornamenti: “Il processo di Carolina ha mostrato che ogni condotta era già prevista e punita dal nostro codice penale: sarà anche vetusto, ma tutte le ipotesi di reato e tutti i comportamenti dei ragazzi erano già contemplati dalla normativa penalistica”, sostiene Pennetta. Nel 2017 è entrata in vigore la legge sul cyberbullismo, la prima in Europa, e si sono diffuse sul territorio vere e proprie scuole per adulti. Oltre a rivolgersi a scuole specializzate, ai genitori si raccomanda di interessarsi a quanto accade ai propri figli. Perché se per i genitori dei bulli può essere più difficile notare particolari episodi, le vittime tendono a mostrare le conseguenze anche sul piano fisico oltre che a livello psicologico: anoressia, bulimia, rifiuto di uscire di casa sono solo alcune delle conseguenze che le violenze possono determinare. Ad aiutarli ci sono oggi libri e film, oltre a vari centri specializzati. “È necessario che gli adulti siano pronti ad ascoltare i minorenni, tenendo a mente che loro non vogliono essere giudicati. Sono solo in cerca di consigli, anche semplici gesti potrebbero essere molto importanti. Occorre incoraggiare i ragazzi a parlare dei propri problemi, essendo disponibili all’ascolto ed evitando punizioni severe”, si raccomanda Pennetta. Il semplice chiedere come sia andata la giornata, dove i ragazzi vadano e il sequestro del cellulare per qualche tempo qualora si verifichino episodi di bullismo sono norme di buonsenso che in qualche occasione sono state dimenticate, e che vengono riprese dai corsi di formazione per genitori. Non sappiamo quali scenari ci riserverà la tecnologia nei prossimi anni, ma acquisire la consapevolezza del problema è sicuramente il primo passo da compiere per regalare un futuro migliore alle prossime generazioni. L’ONU si propone di superare il problema del bullismo entro il 2030. Un obiettivo ambizioso da realizzare con la collaborazione di tutti coloro che possono contribuire anche con piccoli gesti; un messaggio che Anna Livia Pennetta si impegna a trasmettere ogni giorno.