Epidemia
Le parole del nuovo millennio
Le parola epidemia deriva dal greco, e in greco indicava qualcosa che è nel popolo, sul popolo, diffuso nella popolazione.
Fin dai tempi antichi, appunto, veniva utilizzata per indicare una improvvisa diffusione di una malattia fino a poco tempo prima sconosciuta o poco diffusa. Anche se a quei tempi la medicina non aveva ancora la conoscenza dei meccanismi con cui queste malattie si diffondevano, la parola veniva usata soprattutto per indicare quelle che oggi chiamiamo malattie infettive, le malattie causate da agenti patogeni come virus o che una volta raggiunta una popolazione, per esempio la popolazione di una città, di un’area geografica, possono molto rapidamente passare da un individuo all’altro per la loro capacità, appunto, di saltare da un organismo all’altro e infettare nuovi ospiti e provocare gravi danni e un alto numero spesso di morti proprio perché il sistema immunitario umano non è preparato a quell’agente patogeno che non ha incontrato in precedenza o che non ha incontrato esattamente in quella forma.
Le cronache storiche sono piene di racconti di terribili epidemie, di flagelli che a intervalli regolari hanno decimato la popolazione. In particolare conosciamo quelle che hanno decimato la popolazione europea, come le grandi epidemie di peste.
Non sapendo di che origine fossero queste epidemie, molto spesso gli antichi le identificavano come punizioni divine, come flagelli divini. Una volta appurato che in realtà erano più semplicemente l’azione di microorganismi come virus e batteri, nel tempo l’umanità ha imparato a proteggersi dalle epidemie e ad arginarle con strumenti come gli antibiotici, che sono in grado di fermare l’infezione da batteri, e soprattutto i vaccini che sono in grado di immunizzare un individuo, l’individuo che viene vaccinato, dal futuro contagio con quell’agente patogeno, esponendolo sostanzialmente a una breve infezione controllata che permette all’organismo di sviluppare anticorpi che in seguito ogni volta che incontreranno quell’agente patogeno stroncheranno sul nascere l’infezione evitando la malattia.
I vaccini contro malattie come la poliomielite hanno permesso di limitare enormemente la diffusione di certe malattie e hanno dato un contributo enorme all’allungamento dell’aspettativa di vita media. Alcune malattie come il vaiolo sono state addirittura completamente eradicate, sono scomparse dal pianeta Terra proprio grazie all’azione dei vaccini.
A un certo punto, più o meno intorno agli anni ’70-’80 del XX secolo, la medicina occidentale aveva quasi smesso di preoccuparsi delle epidemie, delle grandi epidemie infettive che non erano più viste come una grande emergenza sanitaria, a fronte invece di altre malattie tipiche del mondo industrializzato come i tumori o le malattie cardiovascolari.
E’ con la comparsa dell’AIDS negli anni ’80 e con la sua diffusione nel mondo occidentale che la medicina si è ricordata di due cose: la prima è che l’evoluzione e la selezione naturale non si ferma mai, quindi virus e batteri continuano a mutare e a produrre nuove forme e a intervalli regolari ne salta fuori una a cui il nostro sistema immunitario è impreparato; la seconda è che la globalizzazione e lo sviluppo dei trasporti e lo sviluppo degli scambi commerciali e del turismo rende oggi molto più facile per un’epidemia diffondersi a livello anche mondiale fino a diventare pandemia, altra parola diventata di uso comune nella medicina moderna, che indica un’epidemia che ha raggiunto l’intero globo.
Da allora abbiamo avuto altri casi di cronaca a ricordarci questo: abbiamo avuto la breve ma pericolosa epidemia di SARS, poi quelle di influenza aviaria, influenza suina e oggi l’allerta nel sistema sanitario mondiale verso una possibile nuova malattia infettiva che faccia milioni di morti nel mondo è diventato di nuovo molto alto, e quindi lo spettro della grande epidemia è tornato ad essere una delle grandi preoccupazioni della sanità mondiale.