Giovanni XXIII

Giovanni XXIII viene eletto papa il 28 ottobre 1958. Morirà nel ’63 e in un certo senso sarà di parola: era stato eletto per essere un papa di transizione, come assolutamente usava dopo i lunghi pontificati nei quali erano maturati gravi problemi e si cercava in un candidato anziano un tempo per decantare una  situazione. Papa Giovanni un papa di transizione lo sarà, ma in un senso completamente diverso, perché a cento giorni dalla sua elezione annuncerà un sinodo per Roma, la riforma del codice di diritto canonico e soprattutto un concilio per la chiesa cattolica, il Concilio Vaticano II. Attorno a lui si incrosterà l’idea che papa Giovanni sia stato soprattutto un papa buono, come diceva una certa legenda agiografica, cosa che senz’altro papa Giovanni è stato, ma è stato anche un uomo che ha attraversato il Novecento italiano con una serie di esperienze particolarmente significative. Era stato giovane prete, era nato nel 1881, era stato ordinato nel 1904 ai tempi del modernismo, quella corrente culturale che il papato leggerà come se fosse stato un’unica grande eresia e che era un grande desiderio di rinnovamento del cattolicesimo romano. E poi nella sua carriera aveva avuto una lunga esperienza diplomatica in Bulgaria per dieci anni, nella Turchia durante la seconda guerra mondiale, in Francia, prima di approdare alla sede di Venezia come patriarca nel 1953. Era dunque un uomo che aveva una conoscenza del mondo molto vasta, molto più vasta sia del predecessore che del successore, e che riuscì a capire in quel 1958-1959 come la chiesa cattolica avesse bisogno davvero di fare un balzo innanzi, di riuscire ad incontrare la propria cattolicità attraverso il concilio. Prima di morire scriverà un’enciclica, la Pacem in terris, pubblicata nel ’63, quando ormai era malato ed era vicina la sua fine. In quella occasione fu molto attaccato ad ambienti conservatori, che lo accusarono di aver favorito i comunisti nelle elezioni provinciali siciliane, o di aver addirittura cambiato il vangelo, e papa Giovanni sintetizzò il suo pensiero in una frase che chiude il suo Giornale dell’anima, il suo libro di pensierispirituali,dicendo “non è il vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio”, e questa è forse la cifra della sua esistenza.