Robot

Le parole del nuovo millennio

È uno dei rari casi di parole di cui conosciamo esattamente la data di nascita e un inventore. La parola fu infatti introdotta da Karel Capek, un drammaturgo ceco che nel 1920 la usò in una sua opera in cui descriveva come protagonisti degli esseri umani artificiali assemblati da parti di corpi umani, quindi in realtà qualcosa di più simile al Frankenstein di Mary Shelley che ai moderni robot, ma usò questa parola derivandola, inventandola, dalla parola ceca “robota” che indica i lavori forzati.

Rapidamente la parola nell’immaginario collettivo passò a indicare qualunque essere umano artificiale, in qualche modo sostituendo la parola molto più antica automa, usata fin dall’antica Grecia.

Negli anni ’40 del XX secolo il grande scrittore di fantascienza Isaac Asimov prese quella parola e la usò per inventarne un’altra, robotica, ovvero la disciplina che si occupa dei robot, introducendo anche in un famoso racconto le tre leggi della robotica, ovvero tre leggi morali che dovrebbero regolare il comportamento dei robot verso gli esseri umani.

Fino a questo punto però - e siamo più o meno agli anni ’50-’60 del secolo scorso - esiste la parola robot, ma non esiste ancora un oggetto a cui effettivamente faccia riferimento.

E’ solo infatti con gli anni ’60 che compaiono i primi veri e propri robot industriali, delle riproduzioni di alcune parti del corpo umano, in particolare del braccio, delle braccia meccaniche in grado di muoversi autonomamente, che progressivamente dagli anni ’60 in poi vengono a diffondersi nelle catene di montaggio delle grandi aziende e sono tuttora un elemento fondamentale della produzione industriale.

Negli anni compaiono molti tipi diversi di robot, al punto che oggi è estremamente difficile dare una definizione univoca della parola. Ci sono appunto i robot industriali, ci sono i robot umanoidi, quelli che tentano di riprodurre la forma e i movimenti del corpo umano, cosa estremamente difficile, e che sono in realtà soprattutto degli strumenti di ricerca e sperimentazione usati dagli scienziati spesso proprio per indagare alcune caratteristiche della stessa cognizione dello stesso movimento umano.

Ci sono robot che riproducono altre forme di vita, robot che riproducono animali come le lucertole, i polpi, gli insetti o quant’altro proprio per indagare in particolare le loro strategie di locomozione.

Dalla parola robot è derivata anche nella lingua inglese in particolare una parola più corta, bot, che viene usata soprattutto per indicare degli agenti artificiali realizzati unicamente al computer, dei robot in formato software, se vogliamo, per esempio alcuni virus in grado di autoreplicarsi e diffondersi sulle reti informatiche.

Ma la parola robot è ormai usata anche per indicare alcune cose che a prima vista proprio robot non sembrano, come le automobili senza pilota, ormai in fase di sperimentazione molto avanzata in particolare negli Stati Uniti d’America, e gli aerei senza pilota, i cosiddetti droni, che sono usati da alcuni degli eserciti dei paesi più industrializzati, in particolare, ancora una volta, gli Stati Uniti, e che pur essendo molto distanti esteticamente da quell’idea di essere umano artificiale da cui era partito Karel Capek con l’invenzione della parola, sono a tutti gli effetti dei robot autonomi ed estremamente potenti.