Gli esperimenti mentali
Da Leonardo a Einstein
All’inizio del ‘900, la fisica tradizionale vacillava. Le leggi che regolano il comportamento del mondo che ci circonda, verificate in innumerevoli circostanze, sembravano incapaci di spiegare i fenomeni del mondo microscopico, su cui si cominciava a concentrare l’attenzione dei fisici. Gli atomi, le molecole e perfino la luce, avevano comportamenti anomali, imprevisti e, appunto, ingiustificabili. Infatti, nonostante alcune regolarità riscontrate, il caos sembrava dominare il microcosmo [video di atomi e/o molecole]. Per raccapezzarsi in questa confusione, servivano esperimenti al limite delle capacità di osservazione degli strumenti dell’epoca, o perfino del tutto fuori della loro portata. I grandi fisici teorici di quel periodo, escogitarono un modo per aggirare, almeno in certi casi il problema.
Eseguire un gedanken-experiment, cioè un esperimento mentale, basandosi sulla coerenza logica, anziché sull’osservazione diretta. I protagonisti della più memorabile disputa combattuta con le armi del gedanken-experiment nel corso di molti anni, fu quella tra Bohr ed Einstein sulle bizzarrie delle particelle microscopiche Quello che però spesso neanche gli studenti di fisica sanno è che gli esperimenti mentali, esattamente per lo stesso scopo, furono escogitati molto prima. Un esempio spettacolare si trova nel trattato del padre della scienza moderna, a cui è intitolata questa trasmissione: Galileo.Nel suo trattato “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze (1638)”, affronta la questione della caduta dei gravi.
La teoria tradizionale risalente ad Aristotele, sosteneva che i corpi più pesanti cadessero a terra più velocemente di quelli leggeri. Tipico esempio era la caduta di un sasso e di una piuma. Tutto sembrava dar ragione ad Aristotele…Tuttavia, Galileo aveva notato che, più che dipendere dal peso, la velocità di caduta dipendeva dalla forma. Se, anziché prendere una piuma, si prendeva un sassolino leggero come la piuma, la velocità di caduta era simile a quella di un sasso più grande e più pesante. Galileo sapeva che era l’attrito con l’aria, cioè la resistenza che l’aria offre ai corpi che si spostano, ad avere un ruolo determinante.
D’altronde già Leonardo, prima di Galileo, aveva studiato il rallentamento dovuto all’attrito con l’aria e disegnato un prototipo di paracadute basandosi su questo effetto. Però anche tenendo conto dell’attrito con l’aria, non poteva escludere che Aristotele avesse ragione e che i corpi più leggeri fossero effettivamente più lenti durante la caduta di quelli più pesanti, anche se non ci fosse stata l’aria. Si dice che abbia provato lasciando cadere contemporaneamente dalla cima della torre di Pisa una palla di cannone e una palla di fucile, facendo osservare da un suo allievo il momento di arrivo a terra…