Esiste un rischio maremoto (o tsunami) nel Mediterraneo?
Intervista ad Alessandro Amato, sismologo INGV
Le notizie storiche riportano decine di eventi di maremoto nella regione, la maggior parte dei quali dovuti a terremoti marini o costieri. Pur non essendo un fenomeno frequente come nell’oceano Pacifico o in quello Indiano, si può ritenere quello degli tsunami un rischio meno frequente ma ad altissimo impatto. Basti pensare agli effetti del maremoto di Messina del 1908 o, andando indietro nel tempo, a quelli che hanno colpito la Grecia nel 365 d.C.
Oltre a questi eventi catastrofici, che hanno determinato centinaia se non migliaia di vittime e la rovina di intere città portuali, come Alessandria d’Egitto nel 365 DC, ci possono essere più frequentemente eventi di minore portata ma che determinano inondazioni consistenti, con danni e un rischio anche per l’incolumità delle persone.
Non bisogna pensare agli tsunami unicamente come le onde di 10 o 20 metri che si abbattono furiosamente su una spiaggia: basta infatti un innalzamento del livello del mare di un metro, in qualche caso anche di meno, per produrre dei pericoli per le persone.
In Giappone hanno una vasca per far provare alle persone l’effetto di un’onda di 50 cm con la forza di uno tsunami, che le trascina via con facilità. Nel luglio 2017 ad esempio, l’isola di Kos in Grecia e la penisola di Bodrum in Turchia sono state colpite da un piccolo tsunami causato da un terremoto di magnitudo 6.6. I “run-up”, ovverosia l’altezza massima sul livello del mare raggiunta dalle onde di tsunami, hanno sfiorato i due metri.
Nella cittadona di Kos si sono viste le inondazioni invadere le strade del lungo mare mentre le persone continuavano a rimanere nella zona, camminare in su e in giù, prendere macchine e scooter, fare foto e video dello “strano fenomeno”. Una cosa pericolosissima! Come dicono in Australia (NZ) “Strong or Long, get Gone!”