Belìce: il terremoto del 14 gennaio 1968
La prima grande catastrofe italiana del dopoguerra
La prima grande catastrofe italiana del dopoguerra si consuma la notte del 14 gennaio 1968. Un violento terremoto devasta la regione del Belìce nella Sicilia occidentale, un’area compresa tra le province di Palermo, Trapani e Agrigento. Il bilancio definitivo della tragedia conterà centinaia di morti, un migliaio di feriti, quasi centomila persone rimaste senza tetto. Il dramma della Sicilia commuove profondamente il paese. Aiuti e soccorritori arrivano da ogni parte d’Italia e d’Europa.
A cinquantaquattro anni dal tragico evento che colpì la Valle del Belìce, Rai Cultura ricorda le battaglie, l’impegno civile e le testimonianze di chi ha vissuto le scosse di quella notte. “Il sisma dei poveri cristi” racconta le contraddizioni e le speranze di una terra che tenta di rinascere nonostante tutto. Grazie alla lungimiranza di sociologi e intellettuali come Lorenzo Barbera e Danilo Dolci, la Valle del Belice era già, a partire dagli anni ’50, una terra in forte fermento politico e civile. L'organizzazione dell'area in comitati cittadini ha trovato la sua ispirazione nel Centro Studi fondato proprio da Dolci e Barbera nel 1958 che, organizzando le lotte e le rivendicazioni dei contadini dell'area, intraprese un importante esperimento di società civile organizzata in Sicilia e in Italia.
Ma il 14 e il 15 gennaio 1968 alcune forti scosse di terremoto cambiano per sempre l’assetto urbanistico e sociale del territorio: più di venti comuni colpiti, centomila persone coinvolte, più di 400 morti. Tutto il Paese scopre una regione povera e lontana dai fasti del boom economico. Nell'imminenza del terremoto lo Stato agevola in ogni modo l'emigrazione degli sfollati verso il nord Italia e l'estero, i comitati locali si oppongono e promuovono progetti di ricostruzione dal basso in contrasto con la gestione ministeriale del governo da una parte e i tentativi della mafia di intercettare le risorse dall'altra. Tra una serie infinita di piani di ricostruzione, turbolente manifestazioni dei comitati a Roma e a Palermo, scioperi fiscali e proteste antileva, il Belice prova a cambiare il suo destino e a diventare una valle verde ricca di vigneti e ulivi.
A cinquantaquattro anni dal tragico evento che colpì la Valle del Belìce, Rai Cultura ricorda le battaglie, l’impegno civile e le testimonianze di chi ha vissuto le scosse di quella notte. “Il sisma dei poveri cristi” racconta le contraddizioni e le speranze di una terra che tenta di rinascere nonostante tutto. Grazie alla lungimiranza di sociologi e intellettuali come Lorenzo Barbera e Danilo Dolci, la Valle del Belice era già, a partire dagli anni ’50, una terra in forte fermento politico e civile. L'organizzazione dell'area in comitati cittadini ha trovato la sua ispirazione nel Centro Studi fondato proprio da Dolci e Barbera nel 1958 che, organizzando le lotte e le rivendicazioni dei contadini dell'area, intraprese un importante esperimento di società civile organizzata in Sicilia e in Italia.
Ma il 14 e il 15 gennaio 1968 alcune forti scosse di terremoto cambiano per sempre l’assetto urbanistico e sociale del territorio: più di venti comuni colpiti, centomila persone coinvolte, più di 400 morti. Tutto il Paese scopre una regione povera e lontana dai fasti del boom economico. Nell'imminenza del terremoto lo Stato agevola in ogni modo l'emigrazione degli sfollati verso il nord Italia e l'estero, i comitati locali si oppongono e promuovono progetti di ricostruzione dal basso in contrasto con la gestione ministeriale del governo da una parte e i tentativi della mafia di intercettare le risorse dall'altra. Tra una serie infinita di piani di ricostruzione, turbolente manifestazioni dei comitati a Roma e a Palermo, scioperi fiscali e proteste antileva, il Belice prova a cambiare il suo destino e a diventare una valle verde ricca di vigneti e ulivi.