Caravaggio e la verità della storia

Caravaggio e la verità della storia

La Giuditta e Oloferne della collezione Barberini

Caravaggio e la verità della storia

Flaminia Gennari Santori, direttrice delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Roma (Palazzo Barberini e Palazzo Corsini), racconta un'opera importantissima per l'evoluzione stilistica della pittura di Caravaggio a Roma, la Giuditta e Oloferne (1599-1602 ca.) conservata a Palazzo Barberini.


Caravaggio, Giuditta e Oloferne, 1599-1602, olio su tela 145x195cm, Gallerie nazionali d'arte antica, Palazzo Barberini, Roma 

La tela, è uno dei quattro capolavori del Merisi conservati nella collezione, assieme al Narciso (1594-'96), al San Giovanni Battista (1604-'06) e al San Francesco in meditazione (1605), quest'ultimo, conservato alla Galleria Corsini. 

Giuditta è un’eroina del Vecchio Testamento, una giovane vedova ebrea che salva il suo popolo dall’assedio dell’esercito assiro, con lo stratagemma di volersi alleare con il nemico e dopo essere stata accolta nell’accampamento con un fastoso banchetto, uccide con le proprie mani il generale Oloferne

Giuditta, simbolo morale di giustizia, è un tema della pittura frequente fin dal Quattrocento, ma all'epoca di Caravaggio acquista nuova fama e l'artista sarà il primo a stravolgere la classica iconografia, fin'ora svolta con l'eroina che esibisce la testa del nemico (Fede Galizia, la pioniera). 

Infatti, nessuno fin'ora aveva trattato questo episodio biblico con tanta violenza e cruda verità

Caravaggio concepisce la scena in orizzontale con pochi elementi, tre personaggi e un drappo rosso sullo sfondo, con i quali orchestra un vero e proprio teatro di opposti: buio e luce, vecchiaia e giovinezza, vita e morte, forza e fragilità.


Caravaggio, Giuditta e Oloferne, dett.

L'artista blocca l'istante fulmineo di un’azione complessa. 

La scimitarra dell'eroina in pieno affondo, l'energia delle mani e degli arti contratti di Oloferne che sta cedendo alla morte, la bocca spalancata in un grido sordo, il fiotto di sangue che non ha ancora esaurito il suo getto  

Caravaggio sceglie di rappresentare l'azione di un fatto storico fin'ora concepito fuori dal tempo. Quel "dipingere dal naturale", acquista un nuovo significato anche nell'uso di una luce esterna alla scena, un'illuminazione che proviene dall'alto a sinistra e irradia nel rosso del sangue, investendo poi l’esile figura di Giuditta. 
La giovane ha la fronte aggrottata nello sforzo fisico e morale per un gesto che compie suo malgrado. L’ancella Abra, che nel racconto originale è una giovane donna, qui diventa una vecchia dal volto rugoso e dagli occhi allucinati, spia dell’orrore che l’osservatore prova di fronte a tanta violenza. 

La tela, che la critica data tra il 1599 e il 1602, più o meno contemporanea alla Cappella Contarelli, da un punto di vista stilistico e tematico rappresenta il primo "quadro di storia" di Caravaggio e inaugura la fase dei forti contrasti di luce e ombra 

Per ritrarre Giuditta, che qui veste abiti seicenteschi, Caravaggio si avvale della cortigiana Fillide Melandroni, amica dell'artista e modella anche per altre opere, tra cui Marta e Maddalena e Santa Caterina d'Alessandria. 
Da recenti analisi radiografiche, si è visto che Giuditta era stata dipinta a seno nudo, come nella tradizione iconografica simbolo di eroismo e purezza. Sicuramente, qui Caravaggio voleva accentuare il carattere provocante e seducente della donna, un aspetto invariato anche dopo la copertura del seno con un corpetto, che tuttavia, evoca le carni attraverso trasparenze.

La tela, commissionata dal banchiere genovese Ottavio Costa, fu talmente importante per l'uomo, da pretendere nel proprio testamento la sua inalienabilità

Del dipinto però, si persero le tracce per secoli fino a quando, il restauratore Pico Cellini in visita alla mostra curata da Roberto sull'artista (Caravaggio e i caravaggeschi, Palazzo Reale Milano, 1951), segnalava al critico di aver visto la tela presso una famiglia romana. 
Grazie a questa esposizione, che segnò uno spartiacque negli studi caravaggeschi del Novecento (Longhi e Caravaggio, artista moderno e 'popolare'), Giuditta e Oloferne venne acquistata dallo Stato ed esposta a Palazzo Barberini.

APPROFONDIMENTO
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