Caravaggio e la Cappella Contarelli

Caravaggio e la Cappella Contarelli

Un racconto di Tommaso Pincio

Caravaggio e la Cappella Contarelli
Tommaso Pincio, pseudonimo di Marco Colapietro (1963), nel 2019 ha dato alle stampe il libro "Il dono di saper vivere" dove, tra storia e romanzo, intreccia un’autobiografia sentimentale con la vicenda di Caravaggio a Roma.

Federico Zuccari, principe dell’Accademia di San Luca e attardato alfiere del manierismo, si presentò nella Chiesa di San Luigi dei Francesi per osservare di persona un’opera di Caravaggio scoperta da poco al pubblico nella cappella Contarelli. Se ne parlava parecchio nelle botteghe romane, tanto che “haveva presso i professori qualche invidia acquistata”
Tommaso Pincio

Nei primi anni di soggiorno romano, Caravaggio limitava la sua produzione a ricercati "quadri da stanza", per colti amatori (Claudio Strinati racconta Caravaggio) e solo tra il 1599 e il 1600, mette mano alla sua prima commissione pubblica di grande prestigio, la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi. Fu proprio uno dei suoi primi stimatori, il cardinale Francesco Maria Del Monte, a fare il nome di Caravaggio per questa importante commessa per la quale l'artista realizza, in un primo momento, due grandi tele, la Vocazione e il Martirio di San Matteo.


Caravaggio, Cappella Contarelli, 1599-1600, San Luigi dei Francesi, Roma  

Nella Vocazione di San Matteo, l'artista racconta il momento in cui Gesù convinse l'uomo, un ebreo esattore delle tasse per conto dei romani, a lasciare tutto per diventare suo apostolo. Caravaggio immagina l’episodio all’interno di un una taverna romana, dove, a sinistra, cinque uomini vestiti in abiti dell’epoca, sono seduti attorno a un tavolo a contare denaro. A destra, Gesù e Pietro, abbigliati all’antica, indicano l’uomo seduto al centro, Matteo che, stupito, porta una mano al petto come a voler rispondere.

Caravaggio coglie l'attimo cruciale, l’esitazione del dubbio per cui Matteo deve decidere

Il gesto di Cristo è una citazione della Creazione di Adamo di Michelangelo nella Sistina. Pietro non è citato dai Vangeli in riferimento a questo episodio, ma l’artista lo inserì nella scena per indicare che la Chiesa, di cui Pietro è il massimo rappresentante, ha un ruolo fondamentale nell’azione salvifica di conversione. 

Un fascio di luce squarcia il buio della stanza e si dirige verso Matteo: la luce è il vero motore dell'azione, senza dubbio una luce divina che però Caravaggio fa intendere arrivi da una finestra aperta fuori dal quadro

L’opera appare subito rivoluzionaria. Caravaggio aveva trasferito l’episodio sacro in una bettola romana che i suoi contemporanei potevano riconoscere, e anche non apprezzare, come il caso di artisti suoi rivali, quali Federico Zuccari (1539-1609) e Giovanni Baglione (1573–1643). Caravaggio attualizzava l’evento biblico, spingendo il fedele a riflettere sul fatto che Dio, in qualunque momento o luogo, poteva chiamare a sé un uomo, anche se peccatore.


Caravaggio, La Vocazione di San Matteo, dett., Cappella Contarelli, dett., 1599-1600, San Luigi dei Francesi, Roma  

La scena del Martirio di San Matteo è più complessa e mostra quel carattere brutale che la rende prossima alla rappresentazione di un assassinio. L’esecuzione del Santo è assimilata a un delitto di strada ed è ambientata all’interno di una struttura architettonica che ricorda quella di una chiesa, come attesta la presenza di un altare con croce.
Caravaggio decise di attenersi alla Leggenda Aurea secondo la quale, San Matteo, sarebbe stato assassinato dopo la celebrazione eucaristica. 

I personaggi sono disposti nel palcoscenico di un teatro, espediente che l'artista amerà adottare, d'ora in poi, per aumentare il pathos della raffigurazione

Al centro della scena il vecchio Santo, sorpreso mentre battezzava alcuni fedeli, è già stato colpito e ferito dal suo carnefice, un giovane robusto e mezzo nudo. Matteo, a terra, alza la mano per difendersi mentre un elegantissimo angelo con ali vere da uccello, si precipita a porgere la palma del martirio. Lo sguardo della vittima e quello del suo assassino che sta sferrando il colpo mortale, si incontrano in un attimo di muto colloquio. Tutto intorno, i testimoni si ritraggono spaventati per il terrore del momento, un ragazzino fugge in preda al panico con la bocca spalancata.


Caravaggio, Il martirio di San Matteo, 1602, olio su tela, 295x195cm., Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma

Sul fondo a sinistra, l'autoritratto di Caravaggio, con lo sguardo sconfortato, testimone di un profondo pessimismo esistenziale.



Per dipingere queste grandi tele, Caravaggio illuminava, per mezzo di lanterne, solo in parte, i suoi modelli; da ora in poi, le sue figure usciranno dal buio della scena i cui sfondi, risultano quasi sempre neri. 

Nel 1602, con un nuovo contratto, Caravaggio è chiamato a dipingere un terzo quadro destinato all’altare della Cappella Contarelli

Il soggetto concordato, San Matteo e l’angelo, doveva mostrare l’evangelista intento a scrivere il proprio Vangelo. Del quadro, un tempo esistevano due versioni: la prima, conservata a Berlino, fu sciaguratamente distrutta durante la seconda guerra mondiale. 
Sebbene Caravaggio rispettasse i tempi di consegna, i religiosi, rifiutarono il primo San Matteo perché privo di "decoro", nell'immagine impacciata del Santo seduto con le gambe incavalcate, fino ai piedi rozzamente esposti in primo piano.


Caravaggio, San Matteo e l'angelo, 1602, olio su tela, 295x195cm., Cappella Contarelli, San Luigi dei Francesi, Roma

Il dipinto, fu restituito all’artista che lo vendette ad un altro suo estimatore dell'epoca, il collezionista Vincenzo Giustiniani. La tela venne sostituita da un'altra, tutt'oggi ancora visibile, dipinta in fretta e furia e questa volta accettata, perché consona ai dettami della chiesa controriformata. L’evangelista, inginocchiato sopra una panchetta in bilico, venne rappresentato come un dotto e vecchio filosofo vestito da capo a piedi, mentre il messaggero divino, che volteggia sopra di lui, gli ricorda i concetti principali da tenere a mente. 

Le vignette utilizzate per illustrare il racconto di Tomasso Pincio provengono dal volume di Milo Manara, "Caravaggio. La tavolozza e la spada" (2015), gentilmente concesse per l’uso da Panini Comics

APPROFONDIMENTO
Caravaggio. Il maestro del realismo moderno