Tempo e spazio nell'Apollo e Dafne di Bernini

Tempo e spazio nell'Apollo e Dafne di Bernini

Una transizione spiegata da Maurizio Calvesi

Tempo e spazio nell'Apollo e Dafne di Bernini

L'arte del Barocco non definisce gli oggetti dentro una realtà  ferma e compatta, bensì rappresenta il movimento continuo nello spazio e la metamorfosi costante nel tempo

Emblema di questo concetto, il gruppo marmoreo dell'Apollo e Dafne (1622-'25) di Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), conservato alla Galleria Borghese di Roma. Capolavoro di grande successo, fin dai giorni della sua realizzazione, il gruppo attesta l'incredibile virtuosismo tecnico del giovane artista nell'utilizzo dei tradizionali strumenti del mestiere, grazie allo studio della statuaria antica, da cui proviene l'accorto lavoro di trapano (Bernini e il Cardinal Scipione).
Il soggetto del gruppo è la favola di Ovidio (43 a.C-18 d.C.) tratta dalle Metamorfosi, dove Apollo, a causa di una vendetta di Eros, viene colpito con una freccia d’oro che lo fa invaghire della ninfa Dafne. La fanciulla, trafitta invece da un dardo di misero piombo, rifiuta l’amore del Dio e prega il padre Peneo, divinità fluviale, di farle cambiare sembianze. 

L’opera rappresenta il momento culminante della metamorfosi di Dafne in albero di alloro, un'impresa mai tentata in scultura, che Bernini affronta come in una messa in scena teatrale, nella quale l’occhio dello spettatore segue lo sviluppo della trasformazione

Apollo corre con un piede a terra e uno sospeso, mentre il panneggio che gli copre i fianchi e la spalla, accompagna il movimento. Giunto al termine della corsa, poggia la mano sul corpo di Dafne, ma al tocco del dio, la ninfa è subito bloccata nella fuga e con le braccia protese in alto, tenta di guardare indietro, mentre ha già mutato i piedi in radici e le mani e i capelli in fronde di alloro. Le dita di Apollo infatti, non sfiorano il corpo di Dafne, ma la corteccia dell’albero. Da qui, l’alloro diventerà caro ad Apollo, che si cingerà il capo con le sue fronde attributo di artisti e poeti.


Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-'25, marmo di Carrara, altezza 243cm., Galleria Borghese, Roma

Bernini lavora nell'ambizioso progetto di guidare la percezione dello spettatore qui coinvolto, quasi incorporato, nel seguire con gli occhi il processo di metamorfosi inscenato dallo scultore. Si tratta di una visione già cinetica, una sorta di cinematografia ante litteram dove agiscono le nuove categorie scientifiche di spazio e tempo (Scienza, tempo e spazio). 

Bernini riesce a rendere nel marmo l'attimo che è insieme narrazione ed esperienza emotiva, tensione di carne e sentimento 

La scultura è tutta costruita secondo avvicinamenti e distacchi, in perfetto equilibrio delle parti: il braccio sinistro di Apollo è proteso in avanti ad afferrare il fianco della ninfa mentre, l'altro braccio del dio, appare spinto all’indietro nella direzione opposta e allineata, nella diagonale, al braccio destro di Dafne sollevato in alto e in avanti.


Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, dettaglio

Documenti e fonti d'epoca, restituiscono l’esatta collocazione di Apollo e Dafne nella villa del suo committente Cardinal Borghese. Come stabilito da Bernini, essa andava posta nella terza sala, addossata alla parete confinante con la cappella e la scala a chiocciola, in modo da accompagnare l’osservatore lungo il fianco destro di Apollo, e farlo assistere alla fase finale del suo inseguimento quando, raggiungendo Dafne, appariva sul volto del dio tutto lo stupore per la metamorfosi della ninfa. 
Come in altre opere di Bernini, anche qui la superficie scultorea presenta aree non rifinite, perché non destinate ad essere viste. Nel Settecento, tuttavia, in occasione dell’intervento di riordino e decorazione delle sale della collezione, voluta da Marcantonio IV Borghese (1730-1800), le statue antiche più importanti furono collocate al centro della sala e con loro anche Apollo e Dafne


Gian Lorenzo Bernini, Apollo e Dafne, 1622-'25, marmo di Carrara, altezza 243cm., Galleria Borghese, Roma

Questo evento, che costò al gruppo la perdita del punto di vista privilegiato pensato da Bernini, orientò l'Apollo e Dafne nella attuale posizione, determinando la necessità di un ulteriore cartiglio, da collocarsi sul lato del basamento che veniva a trovarsi in vista. Esso doveva far da pendant all'originale, in foggia di pelle di drago, posto sul basamento e che conteneva alcuni versi moraleggianti composti dal cardinale Maffeo Barberini, quasi per giustificare l'accesa sensualità del gruppo nella propria casa:  

Chi amando segue le fuggenti forme dei divertimenti, alla fine si riempie la mano di fronde e coglie bacche amare                 

La documentazione conservata sull'Apollo e Dafne, attesta tutte le fasi dell’esecuzione dell'opera: dall’acquisto del blocco di marmo avvenuto nel 1622, passando per i vari acconti versati allo scultore nel '24, fino al pagamento del basamento, realizzato da Agostino Radi, genero di Bernini, nel '25, e alla definitiva messa in opera, nello stesso anno, quando avvenne anche il saldo finale pagato all'artista che, in totale ricevette mille ducati. I documenti registrano anche una pausa di circa un anno nella lavorazione del gruppo, durante la quale Bernini realizzava il David, sempre per il cardinale Scipione Borghese.

INFO
Galleria Borghese