I Tiepolo nelle Ville venete: Cordellina e Valmarana
La storia è resurrezione, 2° puntata, terza parte
Le quattro puntate di un’ora circa l’una, trasmesse in prima serata da Rai 5, sono qui presentate integralmente da Rai Scuola in forma di brevi brani consecutivi.
Nella seconda parte della terza puntata, Montanari approfondisce il tema delle Ville venete che beneficiarono dei pennelli di Giambattista Tiepolo (1696-1770), memore del felice connubio cinquecentesco tra Palladio e Veronese.
Villa Cordellina a Montecchio Maggiore (Vicenza), voluta del giureconsulto veneziano Carlo Cordellina Molin, fu eretta in stile palladiano tra il 1735 e il ‘42 e un anno dopo, prontamente decorata da Tiepolo che, nel Salone d’onore, affrescava le nobili virtù ispirandosi alle storie dell’antichità.
Tra l’autunno 1743 e la primavera ’44, l’artista interviene nell’ampio Salone che occupa i due piani della villa e pone le sue storie, incorniciate da stucchi, tra giganti lesene che scandiscono le pareti.Tiepolo veste l’antichità greca e romana in abiti cinquecenteschi veneziani
Tomaso Montanari
Nel soffitto, il tema allegorico della “Luce dell’Intelligenza che mette in fuga le tenebre dell’Ignoranza”, viene ripetuto nei medaglioni monocromi e ripreso negli ovali di quattro sovrapporte dedicati ai continenti, allora conosciuti, secondo l’Iconologia del Ripa.
Alle pareti, due scene tratte dalla storia greca e romana di due grandi condottieri, (“Continenza di Alessandro Magno”; “Continenza di Scipione L’Africano”) che, guidati dalla ragione, mettono a tacere l’istinto bestiale di certi vincitori, quello di rendere schiavi i prigionieri di guerra.
Gli affreschi di Villa Cordellina, opera della maturità di Tiepolo, mostrano il superamento del tenebrismo di Giovan Battista Piazzetta (1683-1754), a favore di una luminosità e armonia tipica di Paolo Veronese (Tiepolo pittore profano).
La Palazzina, nucleo originario della villa, era stata edificata per un avvocato nel 1669; nel 1715, la acquistava e ampliava con Foresteria e Scuderia Giustino Valmarana.Villa Valmarana “ai Nani”, così detta per le diciassette statuine in pietra, un tempo disseminate nel grande giardino all’italiana, sorge ai piedi del Monte Berico in un paesaggio veneto che ancor oggi dialoga con gli affreschi di Tiepolo
Nel 1757, la Villa vicentina venne affrescata dalla doppia mano dei Tiepolo che decorarono ottocento metri quadri di superfici, tra pareti e soffitti. Giambattista, infatti, qui impiega il figlio Giandomenico (1727-1804), soprattutto nella decorazione della Foresteria dove lascia per sé la “Stanza degli dèi dell’Olimpo”.
Tiepolo, che firma gli affreschi della Palazzina centrale, anche per questa commessa si avvale del suo fedele collaboratore, il quadraturista Gerolamo Mengozzi Colonna (1688-1772) capace di ricreare spazi illusori che fungono da quinte teatrali aperte su paesaggi veri.
Su incarico di Giustino, Giambattista affresca la Palazzina con temi mitologici e classici dettati dal committente stesso. L’artista ha tra le mani libri che hanno segnato il pensiero occidentale, la storia che lega l'antico al moderno, dalla Grecia alla Roma imperiale, fino al grande Rinascimento italiano.Oggi ho visitato la villa Valmarana decorata dal Tiepolo, che lasciò libero corso a tutte le sue virtù e alle sue manchevolezze. Lo stile elevato non gli arrise come quello naturale e di quest'ultimo ci sono qui cose preziose, ma come decorazione il complesso è felice e geniale
Goethe, Viaggio in Italia, 1786
Le diverse scene sono tratte dall'”Iliade”, dall'”Eneide”, dalle “Metamorfosi” di Ovidio, dalla “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso e dall'”Orlando furioso” di Ariosto.
Nelle pareti dell’atrio della Palazzina, Tiepolo rappresenta “Il Sacrificio d'Ifigenia”, sicuramente la più celebre tra le rappresentazioni artistiche della martire e “La Flotta greca in Aulide”; nel soffitto “Diana e Eolo” e sopra le porte, personificazioni dei “quattro fiumi”.Il tema comune a ogni spazio e il trionfo dell’amore, espresso in un susseguirsi di gesta eroiche e virtù straordinarie di personaggi sentimentali e in posa, come nel nuovo melodramma di Pietro Metastasio
La prima Sala, dedicata all'”Iliade”, mostra in un trompe l'oeil la meditabonda e solitaria malinconia di Achille che rinuncia a Briseide. Spicca Teti, moglie di Peleo e madre di Achille, che consola l'eroe acheo ritratto nella classica posa dell'uomo malinconico: il braccio sorregge la testa mentre le armi giacciono abbandonate.
Nella Stanza di Ariosto, la storia ardimentosa di Ruggero che libera Angelica dall'Orca di Ebuda e quella di ispirazione bucolica e teneramente amorevole di Angelica e Medoro. Il paesaggio primaverile e sereno che ospita le scene riprende il topos del locus amoenus.
La terza e la quarta Sala presentano storie tratte dall'”Eneide”, del poeta latino Virgilio, e dalla “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso.
Nella Sala dell'”Eneide”, Tiepolo raffigura Mercurio con il suo caduceo mentre esorta Enea a lasciare la regina cartaginese. Anche quest’ultimo, pensieroso e rassegnato, regge la fronte con la mano e abbandona l'elmo a terra.Nel Settecento, i due poeti erano letti con una sensibilità quasi romantica, per cui, anche in queste due stanze, il tema della “rinuncia amorosa” in nome dell'adempimento di un destino eroico, fa da ponte alla narrazione complessiva
Nella Sala della “Gerusalemme liberata”, la figura di Rinaldo assume una postura teatrale e melodrammatica, sia attraverso la forte torsione del busto sia con la messa in cena dell'evento. In particolare, in “Rinaldo abbandona Armida”, l'albero al centro della scena è quasi una cesura tra il futuro che attende Rinaldo e il passato che lo ha legato ad Armida. Notevole anche Rinaldo che osserva vergognoso la propria immagine soggiogata, un segmento poco noto del poema tassiano.
Goethe coglieva bene la peculiare differenza tra l'opera di Giambattista e quella di Giandomenico, non tanto sul piano formale, quanto piuttosto sull'attitudine verso due diversi registri espressivi molto diversi: il tono più aulico del padre e quello già più “popolare” del figlio.A Villa Valmarana Goethe ebbe già un'intuizione particolarmente brillante nel notare la presenza di due diversi stili diversi che lui stesso definì, "il sublime" e "il naturale"
Giandomenico decorava sei diversi ambienti della Foresteria abbandonando i temi classici del padre a favore dello spirito del tempo. Spicca la moda per l’esotismo, nella “Stanza delle Cineserie”: i Mandarini, i nanetti di corte, l’indovino, richiamano il gusto per l’esotico e i tanti prodotti che Venezia ancora importava dalla Cina.
Nella "Stanza delle Villeggiature", ambiente neogotico, i signori passeggiano nelle diverse stagioni dell’anno e una coppia di innamorati si scambia una lettera.Nella “Stanza dei Contadini”, Giandomenico mostra la vita quotidiana della campagna veneta: pranzi all'aperto dove, per usanza, le donne mangiavano in piedi, gli uomini riposavano sotto gli alberi e vecchie signore sgranavano il rosario
La “Sala del Carnevale”, illustra quello veneziano con maschere tipiche quali Pantalone, Colombina e non poteva mancare l’amato Pulcinella di Giandomenico (Giandomenico Tiepolo a Zianigo).
La “Sala del Mondo Novo”, straordinaria rappresentazione di una “lanterna magica”, precorritrice del cinema, raffigura un uomo che indica a delle persone di spalle, vestite in maschera, di guardare dentro al curioso marchingegno.
Due scale, dipinte a trompe l'oeil da Mengozzi Colonna, ospitano rispettivamente una scimmietta penzolante e un Moro con un vassoio di cioccolata: è Alì, un servitore dei Tiepolo realmente esistito per il quale, si attribuisce a Giambattista il ritratto.
Gli abissi di Tiepolo di Tomaso Montanari; regia: Luca Criscenti; fotografia: Francesco Lo Gullo; montaggio: Emanuele Redondi; produzione: Land Comunicazioni; 4 puntate x 60min., 2020
FOTO DI COPERTINA
Giambattista Tiepolo, particolare , "Ulisse e Argo", Sala di Ifigenia, Palazzina di Villa Valmarana, Vicenza