La Napoli dei Borbone

Passepartout, 2001

La prima puntata della fortunata serie Passepartout, ideata e condotta da Philippe Daverio (1949-2020), iniziava su Rai Tre con due puntate dedicate alla storia politica, sociale e culturale dei Borbone a Napoli (Napoli borbonica. L'utopia; Napoli borbonica. L'epicentro del gusto, 2001), una potente famiglia francese che governò numerosi stati d'Europa. 

La dinastia dei Borbone di Napoli e delle Due Sicilie regnò il sud del paese dal 1734 al 1861

In questo estratto, tratto dalla prima puntata, Daverio invitava tre illustri personaggi per ribaltare alcuni luoghi comuni negativi sulla nobile casata, giudizi rinsaldati ad opera di una storiografia tutta a favore dei successori, i Savoia. Con un linguaggio immediato e con la capacità di collegare il passato ai molteplici manufatti artistici prodotti dai Borbone, tesse un racconto a più voci facendo intervenire lo storico Giuseppe Galasso (1929-2018), lo scrittore e giornalista Giorgio Bocca (1920-2011) e l’allora Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Napoli, Nicola Spinosa (1943).  

Per Daverio e i suoi ospiti, l’epilogo di questa gloriosa dinastia è stato profondamente e drammaticamente legato alle sorti dell’Unità d’Italia

Gli intervistati raccontano un disegno politico e finanziario frutto dalle mire espansionistiche dello Stato sabaudo, aiutato e sostenuto da “avventurieri” come Garibaldi, ma anche banchieri e monarchie straniere. 
Un prologo, narra la scalata borbonica ai troni d’Europa partendo dalla Francia, fino alla Spagna, per giungere infine a Napoli. Tutto aveva avuto origine nel Cinquecento dalla famiglia Farnese, quando Pierluigi aveva ricevuto da Carlo V il ducato di Parma e Piacenza. 
Daverio presenta il primo re di Napoli e Sicilia, Carlo di Borbone (1716-1788) promotore della dinastia italiana. Figlio di Filippo V di Spagna (fondatore della dinastia dei Borbone in Spagna dal 1700 al 1746 e re di Napoli dal 1700 al 1713) e della duchessa di Parma Elisabetta Farnese, nel 1734, durante la guerra di successione polacca al comando delle armate spagnole, Carlo duca di Parma e di Piacenza, conquistava il regno di Napoli e nel 1735, quello di Sicilia, sottraendo le terre alla dominazione austriaca. 
Dopo quasi trent’anni di regno, nel 1759, Carlo ascese al trono di Spagna con il nome di Carlo III dopo la morte del fratello, senza eredi, Ferdinando VI; rinunciando ai troni italiani decretava così la definitiva separazione tra la corona spagnola e quella napoletana e siciliana.

Giuseppe Galasso definisce il regno di Carlo di Borbone come il momento migliore nella storia di Napoli 

Carlo, infatti, restituiva alla città l’antica indipendenza dopo oltre due secoli di dominazione straniera che sfruttò le terre fino al midollo, inaugurando un periodo di rinascita politica e ripresa economica e culturale. 
Erede per parte di madre della straordinaria “Collezione Farnese” di opere d’arte e antichità, ottenne il diritto di poterla trasferire da Roma e Parma, a Napoli. I tesori saranno in parte destinati alla Reggia Reale di Capodimonte, sua nuova abitazione. 

Carlo riformò anche la legislazione dello stato e attuò una riforma fiscale del Regno, volta a rendere più equa la distribuzione del carico fiscale

Prestigiose le opere architettoniche realizzate durante il suo regno. Dell'ingegnere militare Giovanni Antonio Medrano (1703-1760) e dell’architetto e impresario teatrale Antonio Canevari, il Real Teatro San Carlo (1737), oggi il più antico teatro lirico europeo, e le Regge di Portici e Capodimonte. Mentre Portici fu per anni la residenza preferita dei sovrani, Capodimonte inizialmente concepita come Casino di caccia per la vasta area boscosa circostante, fu in seguito destinata ad ospitare le opere d’arte farnesiane che Carlo aveva trasferito da Parma e Roma.
Il re, inoltre, chiamò uno degli architetti più in voga per rivaleggiare con l’immagine della grande Versailles francese, l’italo-olandese Luigi Vanvitelli (1700-1773), autore della Reggia di Caserta (La Reggia di Caserta). Carlo scelse Caserta perché, essendo lontana dal Vesuvio e dal mare, garantiva protezione in caso di eruzione o incursioni nemiche. 
Vanvitelli fu anche artefice dello scenografico Fòro Carolino (1757-1765), oggi piazza Dante, un grande emiciclo che fungeva da monumento celebrativo del sovrano. Il Fòro, cinto da un colonnato, alla sommità presenta ventisei statue raffiguranti le virtù di re Carlo, alcune di notevole fattura. La nicchia centrale del colonnato avrebbe dovuto ospitare una statua equestre del sovrano, mai realizzata. 
Nel 1749, Carlo di Borbone chiamava a Napoli l'architetto fiorentino Ferdinando Fuga (1699–1782) affidandogli l'incarico di progettare un gigantesco Albergo dei Poveri (Il Real Albergo dei Poveri di Napoli), struttura eccezionale per l’epoca, voluta per accogliere le masse di indigenti, disoccupati e orfani del Regno, con lo scopo di nutrire ed educare. Ridotto poi al degrado e quasi abbandonato per tutto l’Ottocento, l’Albergo ha visto una serie di restauri importanti a partire dalla fine del Novecento (Zeri e l'Albergo dei Poveri di Napoli). 

Il progetto voluto da Carlo rispondeva a un preciso sentimento utopico certamente influenzato dalle teorie dell'Illuminismo napoletano

Nel 1738, iniziavano i grandi scavi archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia che riportarono alla luce le antiche e suggestive città sommerse dalla grande eruzione del Vesuvio del 79 d.C. La campagna, condotta da ingegneri stranieri, destava grande interesse nel re che voleva essere informato sui reperti. In seguito, Carlo affidò la gestione del grande patrimonio artistico rinvenuto all’Accademia Ercolanese, da lui istituita nel 1755.
Le campagne di scavo di metà Settecento alimentarono un circuito di studi e ricerche che presto “esplose” con la riscoperta dell’antico di fine Settecento (Neoclassicismo). Grazie al figlio di Carlo, Ferdinando IV, l’immenso patrimonio archeologico e alcuni nuclei della “Collezione Farnese” confluiranno nell’attuale Museo Archeologico di Napoli, primo in Italia, dopo i Musei Vaticani, per qualità e numero di opere esposte. 
Infine, Carlo fondò alcune scuole per la produzione di importanti manifatture: la Real Fabbrica degli Arazzi (1737) e il Real Laboratorio delle Pietre dure (1738), nei pressi della Chiesa di San Carlo alle Mortelle, diretti da artisti fiorentini invitati a trasferirsi a Napoli dopo la morte di Gian Gastone de’ Medici; la Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte (1739), costruita dopo il matrimonio con Maria Amalia, in cui lavoravano operai provenienti dall’antica fabbrica di Meissen, che il nuovo suocero, inviò a Napoli; e ancora, la Real Fabbrica di Maioliche di Caserta (1753-56) attiva per tre anni.

Nel 1759, Carlo fu richiamato al trono di Spagna per succedere al fratello Ferdinando VI 

All’età di soli otto anni, saliva sul trono di Napoli e delle Due Sicilie il figlio terzogenito, Ferdinando I di Borbone (1751–1825). Data l’età, il giovane fu affidato ad un Consiglio di Reggenza, ma le decisioni importanti le avrebbe prese lo stesso Carlo da Madrid. Ferdinando I, persona poco regale e più dedita alla caccia e agli svaghi, dimostrò tuttavia buon senso verso il popolo.
Tra le tante iniziative promosse, Ferdinando si distingue per la fondazione, nel 1779, della Manifattura di San Leucio che presto divenne un polo di eccellenza nella produzione tessile (oggi, patrimonio UNESCO). Ma non è tutto, nel 1789, il sovrano concepiva anche il celebre Codice di San Leucio, un vero e proprio Statuto dei diritti del lavoratore, una avanzatissima regolamentazione per l’epoca che anticipava di circa due secoli le disposizioni normative in materia.
Re Ferdinando, diede impulso alla marina navale, con la fondazione del Cantiere di Castellammare di Stabia da cui uscirono vascelli e fregate di nuovissima concezione; fondò la Reale Accademia militare della Nunziatella (1787) col compito di formare quadri ufficiali di eccellenza e chiamò a Napoli un geografo di chiara fama per fargli redare mappe aggiornate del regno sulle quali studiare punti critici e possibili armi di difesa della nazione.

Ferdinando morì all’età di 73 anni e gli successe il figlio Francesco, in qualità di principe ereditario

Il regno di Francesco I di Borbone (1777–1830), nei soli sei anni di investitura apportò notevoli progressi in campo economico e tecnologico (il Palazzo dei ministeri, la rete stradale in Calabria, i lavori di bonifica dei laghi), benché sul piano politico manifestò un certo immobilismo e forti inclinazioni conservatrici. Un obiettivo insidioso fu la lotta contro le “sette carbonare” presenti nel regno, associazioni segrete che miravano alla cacciata dello straniero, all’indipendenza e alla unificazione italiana sotto la sola bandiera repubblicana.
A Francesco I successe sul trono il figlio primogenito Ferdinando II di Borbone (1810–1859) che seppur giovane fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del regno. 
Sotto il suo dominio si ebbero una serie di riforme burocratiche di ampio respiro oltre alle notevoli innovazioni in campo tecnologico: tra tutte, la costruzione della Ferrovia Napoli-Portici, prima in Italia e gli impianti industriali delle Officine di Pietrarsa.

Ferdinando II, inoltre, introdusse a Napoli l’illuminazione a gas e fu il primo tra i sovrani italiani a concedere una Costituzione nel 1848

In questo periodo nascono industrie tessili e metallurgiche e viene istituito un sistema di finanziamento alla piccola proprietà. Secondo alcune statistiche, il Regno delle Due Sicilie produceva più del cinquanta per cento della intera produzione agricola italiana, mentre l’allevamento era superiore a tutto il resto d’Italia, sia in valore assoluto, sia in rapporto alla popolazione.
A differenza dei Savoia che inasprirono la pressione fiscale e si indebitarono con le banche per finanziare le guerre di indipendenza, Ferdinando II evitò l’indebitamento pubblico e l’aggravio fiscale e utilizzò i surplus di cassa provenienti dalle esportazioni agricole per investimenti pubblici: una scelta efficace.

Tuttavia, l’8 dicembre del 1856, re Ferdinando venne assalito da un soldato di idee mazziniane che lanciandosi sul sovrano gli inflisse un colpo di baionetta al petto

L’attentatore fu arrestato e condannato a morte. La ferita, tre anni dopo, lo portò alla morte per setticemia.
I quegli anni era iniziata la Seconda guerra di indipendenza. Tra il 1860 e il 1861 la spedizione dei Mille di Garibaldi avrebbe portato alla caduta del Regno delle Due Sicilie, annesso così al neonato Regno d’Italia. A Ferdinando, nel 1859, successe sul trono il figlio Francesco II di Borbone (1836–1894), ultimo re di Napoli e delle Due Sicilie, fino al 1861. 
Pur regnando per brevissimo tempo, Francesco II ebbe modo di distinguersi con varie riforme, segno eloquente di profonda comprensione delle problematiche sociali ed istituzionali: concesse più autonomia ai comuni, migliorò le condizioni dei carcerati, varò diverse amnistie, dimezzò le imposte sul macinato a favore del popolo, ridusse le tasse doganali e affrontò una carestia con l’acquisto di grano dall’estero donato ad indigenti.

APPROFONDIMENTO
I Borboni a Napoli
Dalla serie Potere e Bellezza, Rai Cultura, 2023


FOTO DI COPERTINA
Gian Paolo Pannini, Carlo III di Borbone visita Papa Benedetto XIV nel Caffè del Quirinale, 1746, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli