Giuliano Briganti e una mostra su Füssli
Da "Settimo giorno", 1975
Per l’occasione, intervenne in studio lo storico dell’arte Giuliano Briganti (1918-1992), un brillante studioso appassionato di “epoche critiche” della cultura artistica italiana indagata e raccontate in testi avvincenti. In particolare, quello sugli anni fecondi del Manierismo (La maniera italiana, 1961) e quello sui “pittori dell’immaginario “, ossia quegli artisti operanti in Italia, Inghilterra e Germania tra Sette e Ottocento che, come Füssli, rigettavano l’estetica “razionale” e dominante Neoclassica a favore di sentimenti e passioni proprie dello spirito umano (I pittori dell’immaginario. Arte e rivoluzione psicologica, 1977).
In occasione di una delle primissime mostre monografiche del secondo dopoguerra sull’artista svizzero, che si tenne a Parigi presso il “Musee du Petit Palais”, Briganti era stato chiamato dalla televisione pubblica italiana ad intervenire sull’argomento, proprio perché già erano noti i suoi studi che di lì a poco avrebbero visto pubblicazione.
In apertura di programma, Briganti interviene sulla fortuna critica di Füssli riscoperto, in seguito a una serie di mostre, tutte uguali nella sostanza, partite da Amburgo (Kunsthaus, 1973) in Germania e poi trasferite a Londra (Tate Modern, 1974) e infine a Parigi (“Johann Heinrich Füssli 1741-1825”, Musee du Petit Palais, 1975). Su Füssli, inoltre, capofila di questa corrente visionaria, lo storico dell’arte puntualizza che le poche mostre erano state tutte promosse dalla Svizzera come, in particolare, quella del 1969 organizzata presso la Kunsthaus di Zurigo.Perché questo rilancio di un pittore che era quasi sparito dalla cultura artistica europea?
La “rivoluzione psicologica”, spiega Briganti, a cui partecipa lo stesso Piranesi, si ispira alla poetica inglese del “Bello” e del “Sublime”, teorizzata proprio in Gran Bretagna con gli scritti del filosofo Edmund Burke nella seconda metà del Settecento (Un'indagine filosofica sull'origine delle nostre idee di Sublime e Bello, 1757). Secondo Burke, se il “Bello” può essere compreso mediante i criteri tradizionali di bellezza, proporzioni, forma o perfezione, anche il “Sublime” ha una sua struttura causale, ma la sua causa formale ha un’origine estrema che mette in primo piano la passione e nello stesso tempo la paura.
La prova finale, per gli artisti dell’epoca che rimasero affascinati da queste idee, è un Dio che ha creato e combattuto Satana, come descritto da John Milton nel “Paradiso perduto” (1667).La causa materiale da cui origina il “Sublime” è l’immensità dell'oggetto, il suo essere infinito, la sua spaventosa magnificenza che provoca tensione nell’essere umano
Assieme alle idee estetiche inglesi, anche la Germania di quegli anni partecipa al dibattito in corso con lo “Sturm und Drang”, un movimento culturale di natura letteraria che, della seconda metà del Settecento (1760-1785 circa), vuole rivalutare la dimensione dell’irrazionale nella vita e nell’arte, in netta opposizione all’intellettualismo illuministico.
Füssli, non solo pittore, ma anche colto intellettuale e amante di estetica, attinge dalla letteratura di John Milton, Shakespeare, Dante, Omero, legge Rousseau e Winckelmann del quale traduce dei saggi in inglese, sebbene dopo il viaggio in Italia (1770-1778), ne rimane deluso. Non è un caso che il pittore svizzero nel suo Grand Tour nella Penisola rimanga folgorato dall’epos titanico di Michelangelo e dei manieristi toscani, artisti ripudiati dai pittori neoclassici.
Briganti chiarisce che l’artista svizzero è uno dei primi a coniugare letteratura e arte in un procedimento di rappresentazione che avrà la sua fortuna proprio nel Romanticismo. Füssli ha vissuto l’epoca Neoclassica e ne ha usato il linguaggio, ma nello stesso tempo, ha rigettato tutti gli aspetti estetici della “bellezza ideale” di Winkelmann. Per lui, la forma classica era un mero “contenitore” da riempire con la passione, una forza vitale narrata sulla tela attraverso l’azione e il movimento dei suoi personaggi, da cui, l’interesse di Füssli per la “Cappella Sistina” e il teatro inglese shakespeariano, quest’ultimo, alimentato dall’amicizia con attori importanti dell’epoca.Per Füssli, Roma e l’Italia rappresentavano la crisi della classicità. Ma allora, come si situa Füssli, in area Neoclassica o Romantica?
Per quanto riguarda “L’incubo”, noto quadro icona di Füssli, secondo Briganti il rapporto con la notte, il sonno e la morte ricorrenti nel corpus di opere dell’artista, necessitavano di una rilettura di carattere psicanalitico, qualcosa che era già presente a metà Settecento con la pubblicazione di testi classici come quello di Artemidoro (L’interpretazione dei sogni). La consapevolezza dell’inconscio fu oggetto di analisi anche da parte degli illuministi, già informati sull’esistenza di un mondo irrazionale che, allora, investiva l’immaginario della figura femminile.
La direttrice del Petit Palais di Parigi, anche curatrice del catalogo della mostra di Füssli, Adeline Cacan, racconta dell’importanza di una mostra che, per la prima volta, affranca l’artista dal suo essere stato “relegato” per anni in territorio svizzero e ridisegna la sua piena appartenenza ad una cultura europea ben più vasta e complessa.Il programma propone anche tre interviste registrate a personalità del mondo della cultura del momento particolarmente coinvolte negli studi e le ricerche su questa corrente di “pittori dell’immaginario”: Adeline Cacan, Mario Praz e Jean Starobinski
Mario Praz, anglista ed esperto di Ottocento e Novecento, nonché traduttore e sottile indagatore dei rapporti tra letteratura e arti visive, dedicava un saggio a Füssli già nel 1953. Da intellettuale sottile ed eclettico, nel filmato Praz mette in evidenza l’attitudine “Manierista” del pittore e la sua “partecipazione sentimentale” allo “Sturm un Drang”, due scelte di gusto che, trai i suoi contemporanei, lo resero un precursore della modernità. Nel Novecento poi, all’epoca dell’intervista di Praz, Füssli appare un artista molto interessante non solo per la riscoperta di queste correnti estreme in anni di “esistenzialismo” culturale, ma anche per opere come “L’incubo” che lo avvicina alle teorie di Freud. Un altro aspetto moderno dell’artista svizzero è la sua pittura fatta di crudeltà di gesti che, nota Praz, lo mette in relazione con la letteratura di Sade e la violenza allora contemporanea.
Jean Starobinski psichiatra e critico letterario svizzero, un anno prima di questo programma aveva pubblicato “Tre furori” (Trois fureurs, 1974, Gallimard, Parigi), un testo dedicato ad alcuni capolavori della letteratura e dell'arte ("Aiace" di Sofocle, "Indemoniato di Gerasa" dal Vangelo secondo San Marco, “L’incubo" di Füssli) caratterizzati da situazioni estreme in cui, nella violenza o nell'inerzia, l'individuo subisce la legge di un potere superiore. Nel caso di Füssli, Starobinski ne dà un’interpretazione storica, partendo dal fatto che l’artista visse un’epoca di transizione nella quale la sua predilezione per la “drammaturgia dell’energia” del Manierismo e di Michelangelo, lo rendono uno dei ”principali testimoni” di quella nuova “vitalità” utile al superamento della crisi in corso.
Con il Neoclassicismo, la riscoperta dell’antico degli uomini di fine Settecento servì a ridisegnare quel “ritorno alle origini del passato” pieno di una nuova “potenza e forza” che “l’arte del Rococò aveva frammentato e dissipato“ in una pittura fine a sé stessa. Starobinski pone poi l’accento sul pittore amante di una certa letteratura, che da Omero a Shakespeare, coglieva la tradizione più energica del furore e della violenza.
Per questo, lo studioso, lo avvicina a Balthus parlando di una “parentela profonda” che non è stata ancora messa in luce.Füssli non si è assoggettato passivamente a questa letteratura, ma ha creato un suo immaginario intimo che è diventato un suo “sogno soggettivo”
Starobinski chiude l'intervento sottolineando che, tutti gli aspetti da lui escritti, fanno di Füssli l’artista che per primo ha colto lo spirito dell’arte moderna prossima al suo tempo.