Boucher e Fragonard, amori galanti e libertini
Apoteosi del Rococò francese
La vita politica, intellettuale e artistica iniziava ad abitare nei salotti parigini, nei piccoli giardini, negli intimi boudoirs, spazi più idonei alle avventure galanti della nobile società settecentesca, già splendidamente ritratta nei primi due decenni del Settecento da un artista abile e intelligente come Antoine Watteau (Amore e teatro nell'opera di Antoine Watteau).La corte francese tornava così a Parigi lasciando le immensità barocche di Versailles. A partire da ora, l’epicentro dell’arte si spastava da Roma a Parigi
Dagli anni Trenta, il gusto Rococò, inaugurato proprio in Francia, sostituisce la grandezza e la possenza del Barocco con l’esaltazione del piccolo formato, la ricercatezza di oggetti rari ed esotici, il gusto per l’effimero, uno sfoggio del lusso e dell’ultima moda sempre più smisurato.
Alla simmetria e alle fome desunte dal verbo del classico, subentra la nuova grammatica “Rocaille” ispirata ad elementi naturali: decorazioni frastagliate e asimmetriche, rocce rare, conchiglie inventate, un linguaggio astratto simile agli esiti del Manierismo cinquecentesco.
Maestro indiscusso del “Rocaille” il francese François Boucher (1703–1770), un artista molto dotato e versatile che, dopo un inizio non facile, abbracciava il successo come “pittore di corte”.
Lo studio di Boucher a Parigi era considerato una fiorente palestra per tanti giovani artisti: tra questi, il più geniale fu Jean-Honoré Fragonard (1732-1806). Inviato inizialmente nello studio del “realista” Chardin per apprendere l’arte dei pennelli (Chardin: la sostanza epidermica delle cose), Fragonard finiva la formazione accanto a Boucher, maestro di una fantasia e leggerezza Rococò che catturava maggiormente l’indole del giovane.
Le visioni allegre, spensierate e frivole di beatitudine pastorale, le scene mitologiche proposte in composizioni dai colori pastello, brillanti come porcellana, dopo la metà del Settecento furono bandite dagli illuministi come l’enciclopedista e critico d'arte Denis Diderot (1713-1784).Entrambe allenati nell’arte di affrontare ogni genere di pittura, Fragonard sarà l’ultimo grande interprete del Rococò, capace di spingere i suoi pennelli oltre quelli del maestro e di allargare ulteriormente l’orizzonte addentrandosi nell’invenzione di scene erotiche per conoscitori e libertini
Nelle menti dei “lumi” lo stile sdolcinato del Rococò, i pennelli fluidi e ripetitivi, caratteristici dell’opera di Boucher era sinonimo della corruzione morale di una classe aristocratica che presto sarebbe stata spazzata via dalla Rivoluzione francese.
“Allegoria della pittura”, realizzata nell’anno dell’elezione di Boucher a “pittore del re” (1765), ne è esempio; il punto di vista ribassato e l'ampio trattamento della pennellata fanno pensare a un oggetto decorativo, come un sovrapporta da collocare in alto.
Alla fine degli anni Trenta, quando inizia la sua scalata sociale, pubblicava una serie di incisioni per decorare paraventi, oggetti d’arredo provenienti dalla Cina e arrivati in Occidente come preziosi doni diplomatici per sovrani.Oltre che pittore, per tutta la vita Boucher è stato un grande decoratore
Una di queste tavole, dal titolo “Rocaille”, appunto, sanciva la fortuna e il successo dello stile sfarzoso nella Francia di Luigi XV.
In breve tempo, il Rococò dilagava dalle facciate dei palazzi, ai soffitti e pareti di dimore aristocratiche, dal mobilio di case nobili e borghesi, ai gioielli per signore, fino alle porcellane che adornavano le tavole.
“La lezione di flauto”, gruppo di figure prodotte della prestigiosa “Manifattura di Sèvres”, fu modellato di Etienne-Maurice Falconet (1716-1791), su disegni dello stesso Boucher.
Con il Rococò il mercato dell’arte si era fatto più vivace e fluttuante ed oltre ad assorbire tutti i generi di pittura, riscattava anche le “arti minori”: sono moltissimi gli artisti che iniziano a reinterpretare in chiave settecentesca oggetti originali provenienti dall’Oriente.
Come Watteau progettava vetrine per negozi d’arte, Boucher disegnava per manifatture, teatri, editoria e tanto altro. Con la maturità, la sua reputazione di decoratore raggiunse l’apice proprio grazie alle sue raccolte grafiche di “cineserie”, una specialità presente anche in molti quadri: nella “La toilette”, primeggia nello sfondo un bellissimo paravento cinese decorato con motivi naturalistici orientali.
In un gesto diplomatico, Luigi XV ordinava dieci arazzi alla “Manifattura Reale di Beauvais” da donare all'Imperatore Kien-Long: Bucher, il più esperto nel comporre scene di vita cinese, eseguiva i bozzetti in piccoli quadri ad olio guardando al lavoro di un pittore gesuita che, all’epoca, serviva la corte cinese. Il re, tuttavia, che non ignorava l’amore per l’esotico della sua favorita e amatissima Marchesa de Pompadour, li donava alla donna per decorare un boudoir e un teatrino "à la chinoise" nella sua residenza di Bellevue.Nel 1742, Boucher riceveva la commissione più prestigiosa che lo avrebbe portato al successo
Nel primo arazzo della serie, “Il banchetto dell'Imperatore della Cina”, lo stile Rococò si mischia a quello minuto e dettagliatissimo, tipicamente orientale, in un’immagine incredibilmente originale.
Dopo la morte di Jean-Baptiste Oudry (1686-1755), la direzione della “Manifattura di Beauvais” passo a Boucher: un grande successo date le origini modeste del giovane.
All'età di diciassette anni, intorno al 1720, Boucher apprendeva i segreti della pittura storica e mitologica nella bottega del pittore di corte François Lemoyne (1688–1737). Contemporaneamente, gareggiava e vinceva il “Prix de Rome”. Tuttavia, non godendo di favori particolari, partì solo sette anni dopo e nel mentre, per guadagnare qualche soldo accettò di lavorare anche presso l’editore Jean-François Cars. I disegni e le incisioni del giovane convinsero il collezionista Jean de Jullienne a commissionare all’artista la riproduzione su lastra dell’opera di Antoine Watteau (1684-1721), prematuramente scomparso dalla scena parigina.
In questi anni, inoltre, perfezionava il disegno, base per l'incisione, all'Accademia francese e conosceva la grande pittura veneziana attraverso l’incontro di Sebastiano Ricci (1659–1734) e del collaboratore Giovanni Antonio Pellegrini (1675–1741), attivi a Parigi nel secondo decennio del Settecento.Le “Feste galanti” di Watteau ispirarono l’apprendistato proficuo del giovane Boucher che guardando il maestro sviluppò nuove tematiche e approfondì il suo bagaglio tecnico
A Roma dal 1727 al 1731, alloggia all'Accademia di Francia di Villa Medici: conosce la pittura di Correggio, Veronese, Guercino, nonché la grande tradizione dei maestri nordici e la contemporanea lezione di Giambattista Tiepolo (Giambattista Tiepolo).
È significativo che proprio a queste date realizzi il suo “Autoritratto” (“ll pittore nello studio”) in una scena d’interni che ricorda i dipinti olandesi.
Tornato a Parigi, nel 1734, Boucher diventa membro dell'Accademia Reale di Pittura e Scultura con il dipinto allegorico “Rinaldo e Armida”, una storia tratta dalla “Gerusalemme Liberata” di Torquato Tasso, tutta incentrata sull’amore pastorale. Per la protagonista del mito, ampiamente popolare tra gli artisti italiani e francesi del Sei e Settecento, Boucher ritrae la bellezza della giovane moglie che in più occasioni gli fece da modella.Boucher con l’abito rosso di artista, i pennelli in mano di fronte a un paesaggio italiano, rappresenta un chiaro messaggio: la piena consapevolezza del suo essere artista
Il ritratto dell’amata, torna anche in “L’odalisca bruna”, una donna nuda distesa a pancia in giù, tra un drappeggio setoso di lenzuola e cuscini di un boudoir. L'atteggiamento della giovane è ambiguo e Boucher non esita a mostrare il fascino femminile senza pudore né artifici mitologici. In posizione marcatamente erotica, la posa riprende quella delle Naiadi, come nella versione di antica bagnante della “Baccante che suona la zampogna”.
Dal 1747, Boucher gode della protezione di Madame de Pompadour, amante del Re e soprattutto sua mecenate, più volte immortalata nelle sue sfarzose toilette.All’epoca, queste tele ardite erano destinate a stanze private di collezionisti e amatori d’arte, lontane dagli sguardi indiscreti
Grazie alla nobildonna, Boucher entrava nella cerchia reale e otteneva un appartamento al Louvre: qui, dipingeva la camera da letto della Regina e gli appartamenti di Luigi XV.
“La Toletta di Venere”, gli fu commissionata da Madame de Pompadour nel 1751 per il suo gabinetto a Bellevue, un castello vicino a Parigi. Nel 1750 la Madame aveva recitato come protagonista in “La Toilette de Venus”, un’opera teatrale messa in scena a Versailles; anche se questo dipinto non è un suo ritratto, con ogni probabilità intendeva essere una lusinghiera allusione.
Nella “Toilette”, Boucher raffigura una Venere seduta su un palcoscenico con uno sfondo naturale, circondata da putti che giocano con gioielli e ornamenti che cadono oltre il bordo del palco. I colori pastello e tenui rendono il dipinto emblematico del lusso, cosa che attirava i compratori più facoltosi.
Per Madame di Pompadour, Boucher ideava delle immagini che contenevano tutte le caratteristiche del Rococò: teatralità, carne voluttuosa, dispiegamento asimmetrico di oggetti lussuosi, tessuti, fiori e perle. “Lettera d’amore”, è un altro capolavoro Rococò commissionato dalla Madame per essere donato a Louis XV.
Lo sguardo lucido dell’artista sulla società del tempo merita un’attenzione particolare: memore delle rappresentazioni di vita quotidiana olandese, prima della scalata al successo Boucher realizzava “La Colazione”, una scena della sua famiglia colta nell'intimità. Il gioco di luce del sole mattutino che passa attraverso la finestra, caratteristico della vernice fiamminga, illumina le trasparenze della sottoveste bianca della moglie seduta sulla destra e non ancora vestita.
Molti gli oggetti provenienti dalla Cina come il Magot sullo scaffale, raffigurante il dio cinese della felicità, il vaso sulla console e la porcellana disposta sul “tavolo volante”, anch’esso laccato in rosso, ma di fattura Luigi XV, con i piedi curvi.Boucher cattura minuzie descrittive di sguardi e gesti sospesi
La valorizzazione della felicità familiare indica l’approccio moderno di un Boucher attento ai cambiamenti sociali nei contesti di una borghesia affezionata a queste scene di genere dipinte per legittimare la propria posizione e successo sociale in una società, all’epoca, ancora altamente gerarchica. Qui è in gioco l’evoluzione dei principi educativi già percepibili e più tardi affermati dal filosofo Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) con l’Émile (1762). Il grande pedagogista raccomandava che i bambini potessero crescere liberamente sotto la protezione e la cura dei loro genitori e non delle tate.
Nato a Grasse, Fragonard tocca i vertici del Rococò e restituisce la “cultura del boudoir” con una dose di sensualità che mai trascende il buon gusto.Boucher continuò a lavorare e ad esporre fino alla morte, mentre Fragonard di trent’anni più giovane vide e visse gli anni della Rivoluzione
Il giovane, figlio di un guantaio, arrivava a Parigi a quindici anni diventando allievo prima di Chardin e successivamente di Boucher, i due più importanti artisti di quel periodo.
“Due giovani che giocano e scherzano”, e “Concorso musicale”, sono già un esempio dell’indole del giovane che qui, prima del viaggio a Roma, sulle orme di Boucher vuole emularne la sensualità.
Nonostante all’epoca non fosse ufficialmente iscritto all’Accademia Reale di Francia, nel 1752 vinse il “Prix de Rome”, la borsa di studio che lo portò in Italia in un primo fecondo viaggio e soggiorno. Dal 1756 al 1761 circa, il giovane visitò Roma, Napoli, Venezia, Torino e altre città italiane, guardando con interesse la pittura gioiosa di Correggio, il colorismo veneto di Veronese, il Barocco di Guercino e Pietro da Cortona.
Templi, giardini pensili, grotte, statue e fontane, teatri di vita frivola e spensierata saranno elementi sempre presenti che l'artista propone ripensando l'opera di Giambattista Tiepolo, conosciuto a Venezia.Il paesaggio di Roma ispirò a Fragonard alcune particolarità che sarebbero divenute poi ricorrenti in tutte le sue opere
Verso la fine di questo viaggio dipinse “Interno Romano”: la tecnica sciolta, come uno schizzo preparatorio, piaceva molto ai collezionisti del Settecento, malgrado il giovane artista, affascinato delle antiche rovine della città, a queste date aveva a cuore di approfondire la “pittura di storia”, il genere più importante per scalare le vette delle accademie d’arte.
Con l’amico parigino Hubert Robert (1733–1808), anche lui a Roma, in quest’opera Fragonard cercava di rendere l’atmosfera romantica della decadenza toccando le note del “pittoresco”, una cifra importante nella divulgazione della cultura antiquaria di fine Settecento (Paesaggisti francesi d'après nature).
Nel 1761, l’artista lasciava la Città Eterna e al suo ritorno in Francia per farsi apprezzare dal mondo ufficiale dell’arte, proponeva ancora qualche opera di soggetto storico e religioso, generi che furono presto abbandonati a favore di paesaggi, ritratti e scene erotiche che piacevano molto ai suoi committenti.
Questa scelta felice lo porterà al successo, un’enorme fama che farà di Fragonard il pittore alla moda, ricercato dai più facoltosi collezionisti del tempo; la considerevole fortuna accumulata sarà completamente perduta con l'avvento della Rivoluzione.Nel 1767, dopo aver esposto per qualche anno al Salon, Fragonard smise definitivamente di rivolgere la sua arte al giudizio dell’Accademia e lavorò solo per privati
Nonostante le molte fonti pittoriche sulle quale studia l’arte della pittura, non ultimi Rubens, Van Dyck e Rembrandt, Fragonard elabora uno stile molto personale e unico.
La rapidità di tocco, i tratti nervosi, il gusto per l’abbozzo, la ricchezza dell’impasto materico, la morbida sensualità del modellato rendono la sua pittura seducente, non solo nella rappresentazione in sé, ma anche nel trattamento di questa.
Sono testimoni immagini come “L’ispirazione”, forse il ritratto dell’Abate di Saint-Non, suo collezionista: un uomo vestito alla moda è colto da un'improvvisa idea nel pieno di un processo creativo, probabilmente mentre scrive o disegna. In “Lettera d'amore”, tela appartenente alla cospicua serie che l’artista dedica alle donne in faccende private, la fluidità del tocco e la ricchezza delle sfumature ricorda la fattura del maestro Boucher, mentre la posa della ragazza che guarda lo spettatore anticipa certe immagini dell’Impressionismo ottocentesco.
Capolavoro indiscusso, intriso di sentimento scherzoso unito ad un’elegante ambiguità, “L’altalena”, è un dipinto sull’amore cicisbeo, volubile, frivolo e malizioso che ha contrassegnato l’epoca.L’altalena”, realizzato proprio nel 1767 quando Fragonard lasciava le scene ufficiali, rappresenta l’apoteosi Rococò
Il tema deriva dalle “Feste galanti” di Watteau, incontri pubblici o clandestini dove gli amanti si abbandonano a momenti di passione e corteggiamento. “L’altalena” non fa eccezione. La scena mostra un triangolo amoroso: una figura maschile in basso a destra, sotto fronde fiorite, spinge la bellissima fanciulla e nell’ombra a sinistra, un marito ormai dimenticato, o anche un nuovo amante.
Nella catena di gesti, al centro, una vezzosa giovane si trastulla nel dondolio e con sguardo languido lascia cadere la scarpetta verso l’amante.
La tematica amorosa è accompagnata da statue di putti che incorniciano la scena: due sono abbracciati a simboleggiare l’unione tra la donna e l’uomo che spinge l’altalena, mentre, un putto solitario con un dito alla bocca invita a un silenzio necessario per qualcosa di segreto.
Il pennello di Fragonard, fine e leggiadro, nel paesaggio e nei personaggi, fluttua sulla tela negando i contorni netti e le tonalità accese. Il colore pastello gioca un ruolo fondamentale: le tonalità, nelle sfumature del rosa e del verde luminoso rendono l’atmosfera di sogno.
Nel 1769, sposava Marie-Anne Gérard (1745-1823), un’eccellente pittrice miniaturista di Grasse. Nel 1780, nasceva Alexandre-Evariste Fragonard, che seguirà le orme dei genitori studiando con Jaques-Louis David. A partire dal 1775, la cognata quattordicenne Marguerite Gérard, che era andata a vivere con la famiglia, dimostrava indubbie doti artistiche; iniziò a prendere lezioni dal cognato collaborando con lui, diventandone l’amante ed arrivando ad entrare nell'Accademia, quando alle donne non era consentito. Infine, Berthe Morisot, pronipote di Fragonard, divenne un’importante pittrice impressionista.Con il suo matrimonio, Fragonard apriva le porte a una famiglia di pittori
Fragonard, pittore alla moda nella Parigi di fine Settecento, fu anche un attento padre nella vita familiare. “La Visita al nido” è una delle scene domestiche più ambiziose e riuscite, un'immagine evocativa dell'affetto genitoriale.
In un interno rustico, una giovane coppia alla moda guarda con amore il loro bambino addormentato; accanto al lettino, una donna anziana mentre, tre fratellini, osservano incuriositi. Una luce soffusa si riversa attraverso le tende illuminando la scena con un bagliore etereo.
Il motivo di un giovane marito e una moglie in estasi davanti al loro nascituro fu reso popolare da artisti come Jean-Baptiste Greuze (1725-1805); il tema ha senza dubbio un grande fascino dato che il pedagogo Rousseau ha già pubblicato il suo Émile.
Il soggetto deve aver esercitato una certa attrazione su Fragonard poiché, negli anni Ottanta e Novanta del Settecento, ne dipinse numerose varianti per un mercato particolarmente interessato alla sua opera. Il dipinto è stato tradizionalmente associato al committente Jean François Leroy de Senneville (1715 – 1784), un importante cliente di Fragonard, possessore anche di “La lettrice”, un‘immagine assai rara per l’epoca che avrà molta fortuna nell’Ottocento.
L'artista non riesce adattarsi al nuovo verbo e malgrado l’aiuto dell’amico David, cadde in disgrazia e affetto da profonda depressione muore per ictus nei primi anni dell’Ottocento.Fragonard vive i suoi ultimi anni mentre l’astro emergente del Neoclassicismo di David spazza via il
Rococò
La sua morte a Parigi passa quasi inosservata e le sue opere rimangono ignorate per quasi mezzo secolo quando, gli impressionisti, torneranno a guardare il suo abile pennello.
FOTO DI COPERTINA
François Boucher, L’Odalisca bruna, 1940, olio su tela, 53,5x64,5 cm., Musée du Louvre, Parigi