Pietro Longhi in un racconto di Anna Banti

Io e … 1973

La felice formula di Io e …, nasceva nel 1972 dal connubio di due menti brillanti, la storica dell'arte e ideatrice del programma Anna Zanoli (all’epoca autore della rubrica di successo “Capolavori nascosti”) e il pioniere del genere “film sull'arte”, Luciano Emmer, regista di soli quattordici episodi della serie (Io e …, 1972). Il format, fu confezionato con altri due nomi d’eccellenza: per la fotografia, Giuseppe Caracciolo e per la musica della sigla, le note originali di Ennio Morricone
Quest’avventura all’insegna delle arti durerà un anno circa, dopo di che la firma di Emmer ("Bella di notte" di Luciano Emmer) verrà sostituita da altri importanti registi, come in questo caso, Claudio Rispoli.
L’idea del programma era molto semplice e anche produttivamente assicurava un efficace prodotto a costi contenuti.

Artisti, scrittori, direttori d'orchestra, registi, politici e sindacalisti erano invitati ad intervenire su un argomento a scelta riguardante un'opera d’arte: una tela, una scultura, un’architettura, una piazza o una città particolarmente amata che era entrata nella vita del protagonista

I quindici minuti, in onda sul Secondo canale Rai alle 21.15, prima di “Rischiatutto”, miravano a rendere attraente l'incontro con le bellezze italiane attraverso un racconto dai toni informali adatti a un pubblico vario e più vasto. Il commento sull'opera, scelta di volta in volta dall'ospite, era revisionato da Zanoli per assicurare un racconto vivo e partecipato, come in una confessione.
La scrittrice Anna Banti (L’altro 900. Anna Banti), pseudonimo di Lucia Lopresti (1895–1985), in questo episodio racconta la produzione artistica del pittore veneziano Pietro Longhi (1702-1785), attraverso un “Ritratto di dama”, che vediamo alle sue spalle e che, tutt’oggi, è parte della Collezione e Fondazione del coniuge, il noto critico d’arte Roberto Longhi (Longhi e Caravaggio, artista moderno e "popolare"). 
Anche Lucia Lopresti, prima di diventare Anna Banti, romanziera specializzata nel genere storico e biografico, in giovane età era stata un’aspirante storica dell’arte, allieva di Longhi. 
Qui, Banti commenta un ritratto di Pietro Longhi chiamandolo “La signora Clarice”, un personaggio femminile della commedia goldoniana “La bancarotta” (1741), dove la donna interpreta una cantante avida di denaro e pronta a tutto per raggirare il vecchio Pantalone.
La dama, “magistralmente dipinta” intorno alla metà del Settecento, tiene in mano una tabacchiera, oggetto di vizio. Banti, che ha sempre trattato il tema della condizione femminile, ritiene l’effigiata poco simpatica anche al pittore che qui rappresenta un’ammaliatrice come tanti dei suoi personaggi di donna dall’espressione sciocca.

Ma l’elemento del quadro che più evidenzia quest’indole sono le mani paffute e grossolane, con “il mignoletto vezzosamente divaricato”, tipico di una dama capricciosa e poco raffinata

Per sondare la profondità di quest’immagine, Banti mette in evidenza alcuni brani della “gustosa produzione di costume” dell’artista veneziano. Longhi, infatti, dipinse poco per il clero e preferì raccontare frammenti di vita quotidiana della sua Venezia vista dentro salotti ridotti a spazi essenziali e semplificati, dove una luce artificiale e scenografica evidenzia i personaggi.
Protagonisti delle scene di Longhi sono i rappresentanti delle diverse classi sociali della Serenissima, osservati mentre conducono la propria esistenza effimera, come avviene nelle coeve commedie di Carlo Goldoni (1707-1793). 

Il teatro, come la pittura, era una delle massime espressioni artistiche del Settecento veneziano

I libretti teatrali riportavano in modo fedele le caratteristiche rilevanti della nobile società, il modo di pensare delle famiglie, il temperamento dei singoli personaggi, i loro monologhi e battute che svelavano i valori imperanti ed emergenti.
Costanti i riferimenti di Pietro Longhi al mondo goldoniano, tanto che lo sviluppo dell’opera dei due artisti fu quasi parallelo. Mentre il commediografo operava il superamento della commedia dell'arte con un nuovo teatro ispirato alla vita reale, il pittore, principalmente pagato dall'alta borghesia mercantile veneziana, proponeva una sempre più attenta osservazione del vero, passando dalla pittura di costume e quella “di carattere” dove, fa notare Banti, la cronaca del momento si tinge di acuta introspezione.
Il paragone tra le opere di Longhi e il teatro di Goldoni, torna sovente da parte di storici e critici d’arte che hanno sempre evidenziato il ruolo centrale della donna nelle opere dei due artisti, anche alla luce del fatto che, a Venezia, il “gentil sesso” godeva di una libertà inusuale. 

Ma Banti sottolinea una diversità di indole fondamentale tra Goldoni e Longhi: ottimista il primo, pessimista il secondo 

Longhi, infatti, osserva la società del tempo con lucida precisione e senza partecipazione emotiva, secondo un’attitudine già illuminista e scientifica. Questa sua interpretazione di grande essenzialità espressiva risulta di straordinaria efficacia evocativa.